Ridurre drasticamente l’evasione fiscale

Le differenze si acuiscono sempre più. Ecco perché al centro va messa la questione della giustizia fiscale.

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Se si riduce drasticamente l’evasione fiscale allora ci si può dedicare alla scuola e alla sanità, si possono ridurre le ingiustizie, sveltire la burocrazia … tutto quello su cui riflette chi ama il Paese. Perché senza i mezzi per fare, si illude il Paese e l’Italia non guarirà mai.

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La Flat Tax incrementale è incostituzionale

Nel 2019 in Italia è entrato in vigore un surrogato della cosiddetta Flat Tax: si applica (con aliquota del 15%) soltanto alle partite IVA con ricavi non superiori a 65.000 euro. Di fatto si tratta di un ampliamento del preesistente regime forfettario con limite a 30.000 euro. La norma è iniqua nei confronti dei lavoratori dipendenti (ai quali si applicano le aliquote progressive) e rischia di incrementare l’evasione fiscale a causa della non detraibilità dei costi di produzione e dell’esenzione dalla fatturazione elettronica (come ha sottolineato anche la Corte dei Conti).

Per il 2020 l’attuale governo sta ipotizzano una nuova versione della Flat Tax. L’idea che sta prendendo quota è che l’aliquota del 15% si applichi solo sui redditi incrementali. Un esempio per capire: se un contribuente ha avuto nel 2019 un reddito di 30 mila euro e nel 2020 denuncerà 40 mila euro, la tassa piatta verrà utilizzata soltanto per quei 10 mila euro di ricavi in più nel 2020.

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Un fisco iniquo

“Una gigantesca e assurda fonte d’iniquità, ingiustizia, complessità e inefficienza”: è questo il giudizio severo che si può leggere nelle conclusioni della “Indagine conoscitiva sulla struttura dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dal 2003 al 2017” recentemente pubblicata dall’associazione per la Legalità e l’Equità Fiscale (LEF). Si tratta di un lavoro davvero notevole, sia per la quantità di dati e di tabelle riportate nelle oltre 200 pagine della ricerca, sia per le dettagliate analisi e le conseguenti proposte.

Anzitutto è necessario ricordare che l’IRPEF è l’imposta principale, in termini di gettito e soggetti interessati, attraverso cui si attua la progressività stabilita dall’articolo 53 della Costituzione. Dall’indagine emerge che oggi la progressività grava pressoché in modo esclusivo sui redditi da lavoro (dipendente, pensione e autonomo) che rappresentano oltre il 95% del reddito IRPEF dichiarato (nel 2003 questo valore era inferiore all‟85%). Inoltre, c’è uno squilibrio a vantaggio delle dichiarazioni sopra i 50.000 euro con una sostanziale concentrazione del prelievo sui redditi medi fra 20.000 € e 50.000 euro.

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Come ridurre le tasse, aumentandole

La solita commedia all’italiana. Di fronte all’eventualità dell’apertura della procedura di infrazione per debito eccessivo da parte della Commissione europea nei confronti dell’Italia, alcuni politici della penisola hanno alzato la voce, picchiando i pugni sul tavolo, mostrandosi alle telecamere come inflessibili difensori delle scelte italiche in materia di bilancio. Molti membri del Governo hanno giurato che non avrebbero fatto una manovra economica correttiva, come invece l’Europa chiedeva. Anzi, il leader della Lega Matteo Salvini ha rilanciato, dicendo che “l’unico modo per ridurre il debito è tagliare le tasse”.

In realtà, dietro le quinte del set televisivo, attenuate le luci e spente le telecamere, il Governo italiano ha provveduto ad adempiere alle richieste europee di una correzione dei conti pubblici. Infatti, il Consiglio dei Ministri il 2 luglio scorso ha approvato un disegno di legge di assestamento del bilancio che ammonta a circa 7,6 miliardi di euro, per ridurre il deficit dal 2,4 al 2% del PIL. Si tratta di 6,24 miliardi di maggiori entrate (2.900 milioni di maggiori entrate tributarie, 700 milioni di maggiori entrate contributive, 2.740 milioni di altre entrate correnti e in conto capitale), oltre al congelamento di 1,5 miliardi di risorse disponibili (di fatto un risparmio di spesa).

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Flat Tax: non è solo questione di soldi

Si avvicina una nuova tornata elettorale e si torna a parlare di tasse. Non per ricordare agli italiani che la Costituzione ci richiama al “dovere inderogabile di solidarietà politica, economica e sociale”, ma per assicurarci che saremo liberati da ciò che nell’immaginario collettivo si sta affermando come un’angheria.

Messaggio indirizzato soprattutto ai più ricchi che avendo di più sono anche quelli che hanno la sensazione di pagare di più. E poiché a determinare gli importi fiscali è l’aliquota, ossia la percentuale di tassazione, tutti i governi italiani degli ultimi trent’anni si sono prodigati per abbassare le aliquote sui redditi più alti, fino ad arrivare ad oggi che si propone la Flat Tax, letteralmente tassa piatta. Vale a dire aliquota unica, magari del 15%, sia che si guadagni 20mila euro che due milioni di euro l’anno. Unico elemento d’abbattimento il carico familiare, anch’esso però uguale per tutti, per cui il principio alla fine non cambia.

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I paradossi della Flat Tax all’italiana

Chissà che cosa direbbe Milton Friedman, l’economista americano che nel dopoguerra propose la flat tax, di fronte all’introduzione in Italia di questa forma di imposta. La domanda si pone perché la tassa piatta all’italiana in effetti è assai diversa da quella ideata da Friedman.

Anzitutto, la Flat Tax nelle intenzioni del suo ideatore nasce come proposta per evitare le disparità di imposizione fiscale, poiché ogni categoria di contribuenti cerca di ottenere un trattamento di favore, ovviamente a scapito di tutti gli altri.

Questo obiettivo se l’era posto anche Salvatore Scoca, relatore dell’art. 53, durante i lavori dell’Assemblea Costituente italiana: “Se esaminiamo la nostra legislazione, vediamo che, accanto alle leggi normali di imposta, si sono inserite troppe eccezioni, troppe norme singolari, le quali creano differenze di trattamento tra classi di cittadini ed altre classi, e tra le varie località del territorio dello Stato, e rendono ardua la stessa conoscenza della materia. Questa delle riduzioni e delle esenzioni è una grave menda della nostra legislazione, ed occorre che sia eliminata per l’avvenire”.

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Un Governo ingiusto

L’attuale Governo, sostenuto da M5S e Lega, ha chiesto al Parlamento di approvare una manovra economica di circa 33 miliardi di euro, le cui risorse sono finanziate in gran parte a debito. Nulla di nuovo sotto il sole, si potrebbe dire: ai posteri viene rilasciata l’ennesima cambiale da pagare.

Non solo: se i Governi precedenti, dal 2011 in poi, erano stati criticati per aver ipotecato le manovre degli anni successivi con pesanti clausole di salvaguardia (12,5 miliardi per evitare l’aumento dell’IVA nel 2019), l’attuale Governo le ha aumentate a 23 miliardi (nel 2020) e a 28,8 miliardi (nel 2021). Insomma, nei prossimi anni sarà necessaria una manovra economica esclusivamente per evitare l’aumento dell’IVA. Così facendo, si persiste nel caricare pesi insopportabili sulle spalle delle prossime generazioni, continuando a realizzare deficit, ad aumentare il debito e a condizionare le possibilità futura di spesa pubblica.

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Meno tasse non significa meno evasione fiscale

La principale argomentazione utilizzata per “giustificare” l’evasione fiscale è l’eccessivo livello della pressione fiscale: le tasse sono troppo elevate e quindi è necessario evitare di pagarne almeno una parte. Chi propone questo ragionamento, tralascia di considerare l’ovvia conseguenza: se alcuni … Leggi tutto