La pressione elettorale, con i relativi calcoli opportunistici sui desiderata delle moltitudini, condiziona sempre più pesantemente i processi decisionali delle democrazie contemporanee e le valutazioni governative sulle politiche di bilancio. In presenza di un’inflazione superiore in Europa al 6%, l’opinione pubblica della maggior parte dei Paesi comunitari si mostra consapevole della necessità di politiche di bilancio prudenziali, orientate a contenere deficit e debito pubblico, soprattutto per evitare il ricorso a maggiori imposizioni fiscali.
Tale consapevolezza non è ancora maturata nell’opinione pubblica italiana, che continua a vedere con favore i proclami di quelle forze politiche orientate ad accrescere spesa pubblica e disavanzi. Ciò è in gran parte dovuto alla scarsa alfabetizzazione finanziaria che caratterizza da tempo il nostro Paese. Un complessivo, pesante gap socioculturale rispetto alle più evolute società occidentali, in merito al quale si discute da decenni in modo sterile, senza di fatto mettere mano a investimenti e riforme radicali in grado di porre l’istruzione al centro delle politiche governative. Una condizione di «affanno educativo», ampiamente confermata da tutti gli indicatori internazionali i quali pongono l’Italia, che pure è in grado di presentare eccellenze in tutti i campi della ricerca, sui gradini più bassi dei livelli medi europei d’istruzione.
Gli indicatori fanno riferimento sia ai livelli formali – cioè agli anni di scuola completati, alle percentuali di diplomati o di laureati rispetto alla popolazione – sia al livello di competenze acquisite. Emerge, fra l’altro, una scarsa comprensione perfino degli elementi più basilari di economia finanziaria. Da un sondaggio realizzato dall’Associazione delle Casse di risparmio italiane, affiora come solo un terzo degli italiani sappia cosa sia l’inflazione, lo spread o una recessione. Solo uno su dieci dichiara di aver sentito parlare del Quantitative easing, ma non sa quale ruolo abbia avuto per il sostegno del nostro debito pubblico e della nostra economia. Emerge, inoltre, che gli italiani si dimostrano i più «disinformati» in Europa e presentano il divario più forte tra la «percezione» e la «realtà» dei fatti. Una condizione «ideale» per divenire prede comode dei demagoghi politici, sempre pronti a illudere offrendo soluzioni semplici a problemi complessi.
Ne è esempio quanto mai attuale il dibattito sull’extra deficit che si è aperto nei giorni scorsi tra il governo e una parte delle forze di maggioranza. Queste ultime, in relazione alle conseguenze che gravano su famiglie e molti settori dell’economia per le sanzioni applicate alla Russia, hanno richiesto il ricorso a un aumento del deficit per fare fronte ai vari tipi d’interventi necessari. L’autorevolezza di Draghi ha fatto sì che il governo riuscisse a varare un Decreto aiuti da 14 miliardi, oltre ai 15 già stanziati, ricercando risorse nelle pieghe del bilancio dello Stato e prevedendo un aumento del 25% sui profitti accumulati dalle aziende nel campo energetico da ENI a ENEL. Il Consiglio dei ministri ha tenuto conto del fatto che l’uscita dal programma pandemico, confermata dal Consiglio della BCE, segnerà l’addio all’ombrello integrale che per gli scostamenti di bilancio dei due anni di Covid ha coperto tutte le emissioni di titoli di Stato, oltre a una larga fetta dei bond scaduti. Perché nessuno dei fautori dell’extra deficit mette in evidenza, con onestà intellettuale, che le future emissioni di titoli di Stato dovranno essere collocate sul mercato con il rischio di un aumento dei tassi d’interesse che graveranno ulteriormente sul debito e faranno risalire, come sta già avvenendo, lo «spread»? Ecco perché ogni sistema democratico ha un bisogno vitale di un’istruzione ampia e di qualità che offra i più adeguati strumenti di conoscenza alla maggior parte dei propri cittadini. Ed ecco perché i fautori dell’extra-deficit – gli stessi che dopo aver votato in Parlamento l’invio di armi all’Ucraina si dichiarano in pubblico contrari, guardando solo alle prossime scadenze elettorali – saranno ben presto pronti a cogliere ogni occasione per contrastare le posizioni del governo.