Natura e attività dell’associazione per la riduzione del debito pubblico* (dal 1993 al 2003)

Che cosa è e che cosa ha fatto l’ARDeP

L’ARDeP, apartitica, democratica, senza fini di lucro, costituita con statuto approvato e registrato il 20-12-1993, ha tenuto l’assemblea pubblica di fondazione in Campidoglio, nella sala della Protomoteca, il 15-12-1995, per:

  • denunciare la gravità di un problema poco conosciuto nelle sue cause e nelle sue dinamiche inique e distruttive dei valori di solidarietà,;
  • lanciare un segnale antagonistico rispetto all’evasione fiscale;
  • impegnarsi, nei limiti del possibile, a fare interagire fra loro informazione, coscientizzazione, elaborazione scientifica e tecnica, pressione sui politici e sulle istituzioni, perché si sviluppino per il debito processi comparabili a quello che si fa per altri “mali comuni”, dall’inquinamento alla droga, dalla fame nel mondo all’AIDS, dalle emergenze naturali all’usura, dagli incendi boschivi alla delinquenza organizzata, dal sottosviluppo alla guerra. (1)

In effetti gran parte dei nostri guai economico-sociali ha nel debito pubblico un moltiplicatore perverso, perché questo, col drenaggio del denaro a favore dei possessori dei titoli di Stato e con la massa di spese improduttive bloccate per interessi (anche oggi, sia pure in forma più ridotta, dopo la conquista dell’euro), sottrae risorse agli investimenti produttivi, al lavoro, alle politiche giovanili, alla scuola, alla ricerca e all’università, all’assistenza ai più deboli e induce i governi a tenere alta la pressione fiscale, con penalizzazione delle categorie produttive e riduzione di posti di lavoro.

Prima  delle analisi allarmate dei demografi e dei sociologi, l’’ARDeP ha inteso dar voce ai figli e ai nipoti, i più penalizzati dal disastro dei conti pubblici.

Nella convinzione che si debba insieme contribuire a risanare la finanza pubblica, e a migliorare nell’opinione pubblica l’immagine del Fisco e del Tesoro, intesi come “cassa comune” e come risorsa a servizio di tutti e di ciascuno, l’ARDeP ha chiesto a chi s’iscrive di fare un atto concreto, ma fortemente simbolico, di “trasgressione” della diffusa etica individualistico-familistica, versando volontariamente, almeno una tantum 20.000 lire (E 10,32) al Fondo per l’ammortamento dei titoli di stato. Ha infatti ottenuto dal Tesoro, dopo il varo della legge 432/1993, che istituisce un Fondo per l’ammortamento dei titoli di stato, l’apertura di un capitolo apposito nel bilancio dello Stato (capo X, cap. 3330), abilitato a ricevere i contributi volontari dei cittadini.

Jens Petersen, nel libro Quo vadis Italia? Ein Staat in der Krise, tradotto da Laterza, Roma Bari 1996, cita “una associazione che intendeva offrire un contributo volontario al risanamento dello Stato. L’iniziativa venne diffusa dalla televisione, venne derisa, schernita, ridicolizzata, ma raccolse anche consensi. Il professore partecipò anche a talk-show nei quali esortava a contribuire con offerte volontarie. Non si è mai saputo quanto denaro sia arrivato su questo conto”(p.140). Lo accontentiamo subito, ricordandogli però che quello della raccolta volontaria (e simbolica) nel capitolo del Fondo è solo uno degli indicatori della validità dell’azione dell’ARDeP. Il Prospetto del Ministero del Tesoro delle entrate di bilancio relative al citato Fondo, alla voce “Versamenti volontari”, registra per il 1994 £ 12.700.000, per il 1995 £ 2.016.100, per il 1996 £ 8.704.283, per il 1997 £ 8.766.000, per il 1998 £ 2.500.000, per il 2000 £ 689.600.

Navigando sul sito www.tesoro.it , si legge che nel Fondo di cui alla legge 432/1993 sono riportati, dal 94 al 98, versamenti volontari nel cap. 3330, per complessive £. 44.686.383. Aggiungendovi quelli del 2000, che sono arrivati dopo l’ingresso dell’euro, dunque non frutto di paura o di emotività emergenziale, sono £ 45.375.983. Sono le nostre lirette “simboliche” (ma non virtuali!), raccolte fra oltre 300 volontari, persone fisiche e istituzioni che hanno inteso aderire ai fini e al gesto testimoniale e provocatorio dell’ARDeP, dando al Consiglio direttivo il mandato di attuare i suoi fini statutari.

Sono cifre simboliche, ma segnalano, nella storia del nostro Paese, la prima iniziativa associativa volontaria dei cittadini per difendere direttamente, con loro risorse e con l’esercizio del loro diritto dovere di concorrere alle spese comuni, il comune Tesoro, dalle conseguenze del malgoverno, e per esigere un buongoverno, mostrando la disponibilità ad assumerne i relativi oneri.

In una lettera gentile, la dottoressa Annamaria Colasante, dirigente del Tesoro che amministra il capitolo, nell’inviare al presidente dell’ARDeP la documentazione relativa agli anni 95-97, scriveva il 26.11.1998: “Colgo l’occasione per ringraziarla nuovamente per le lodevoli iniziative da lei condotte al fine di ridurre il debito pubblico. Con la speranza e l’augurio che si riesca, insieme, ad incrementarne i risultati, le rinnovo la mia completa disponibilità e porgo a lei e a sua moglie distinti saluti”. Questo “insieme” è uno dei momenti più belli del decennio. E’ rimasto una speranza, solo incidentalmente risvegliata con parole cortesi.

L’ARDeP ha scritto ai presidenti del Consiglio Amato, Berlusconi, Dini, Prodi, D’Alema e ai rispettivi ministri economici. Nel luglio del 1996 presentò al Presidente del Consiglio e ad alcuni ministri  un elenco di dieci punti per la riduzione del debito e per l’ingresso in Europa. Si era proposto fra l’altro lo slogan “Adottiamo l’Italia per meritare l’Europa”. Lo si è ripetuto al ministro Ciampi nel dicembre 1997, e al presidente Prodi, in un’udienza concessa al Consiglio direttivo, il 29 aprile 1998, pochi giorni prima del varo dell’euro.

L’impegno che si è chiesto e offerto è anzitutto informativo e “educativo”. Riguarda le condizioni preliminari perché una politica onesta, necessariamente ancora dura da accettare, possa consentire all’Italia di camminare a lungo sull’altopiano di un risanamento finalizzato, dopo i successi realizzati finora, e perché la nuova Europa dia frutti di pace e lavoro. Il rischio di declino, nonostante il grande successo dell’euro, è ancora elevato.

Uno fra i punti suggeriti al Governo era: “paghiamo il biglietto per entrare in Europa”, una sorta di “ticket”, di contributo straordinario per concorrere ad un investimento vantaggioso, sul piano morale, su quello politico e su quello economico. Il Governo l’ha presentata come “tassa per l’Europa”, impegnandosi a restituirla, dopo il successo formale ottenuto.

Pur apprezzando questo impegno del Governo, l’ARDeP ha proposto, a chi poteva e credeva, di girarla di nuovo al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. E’ un altro gesto provocatorio, che ha inteso segnalare la direzione della dignità, della giustizia e di un interesse veramente comune, al di là di una possibile interpretazione in chiave furbesca della politica di risanamento. E ha tenuto aperta una “vertenza” nazionale, dato che l’avvento dell’euro non autorizza la fine del rigore, anche se ha ridotto i tassi e liberato parte delle risorse per investimenti. Si è anche richiesto di poter detrarre dalle tasse i contributi versati al Fondo, corresponsabilizzando in qualche modo i cittadini sul risanamento. E ci sono stati contatti per studiare il trasferimento al Fondo dei contributi di coloro che fanno obiezione fiscale alle spese militari, oltre che dei proventi dei sequestri di Tangentopoli e della criminalità organizzata. Ma per questo occorreva quella pubblicizzazione e quella riqualificazione del Fondo che l’ARDeP ha richiesto invano.

Nei 10 anni della sua vita l’ARDeP ha pubblicato 4 bollettini ARDeP Notizie e diversi articoli su giornali e riviste, ha intercettato centinaia di soci e migliaia di simpatizzanti, attraverso convegni, conferenze, interviste, ma anche attraverso iniziative istituzionali, alcune concordate fra Pubblica Istruzione e Finanze.

Secondo il suo statuto, l’ARDeP “si propone di promuovere e favorire in Italia la riduzione del debito pubblico, attuando iniziative di informazione e sensibilizzazione ai valori della solidarietà”, e in particolare di:

1) promuovere la formazione di una coscienza civica in campo tributario e fiscale;

2) sviluppare l’attenzione civile e l’impegno sociale per una nuova etica dell’accesso alle risorse e della gestione delle medesime;

3) sollecitare i pubblici poteri per il raggiungimento degli obiettivi statutari;

4) suggerire, avvalendosi anche del contributo di esperti, comportamenti e azioni che possano contribuire alla riduzione del debito pubblico;

5) informare periodicamente l’opinione pubblica sui risultati raggiunti.”

6) compiere ogni iniziativa e/o operazione ritenuta necessaria e/o conveniente per il raggiungimento dei fini statutari.

 

L’ARDeP ha proposto nel 1995 l’elaborazione di un Piano pluriennale di riduzione del Debito. Fra le iniziative per aggredire questo macigno, ha suggerito:

A) una campagna di informazione e di sensibilizzazione civica, per dare una percezione anche visiva degli aspetti finanziari e fiscali della costruzione storica che Stato e cittadini stanno insieme realizzando;

B) la trasformazione del Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato in Fondo per la riduzione del debito pubblico (espressione più trasparente), a cui convogliare il frutto di operazioni condotte con piani definiti, relative a: 1) privatizzazioni, 2) ricupero dei patrimoni della criminalità organizzata e di quanto sottratto dagli imputati di Mani Pulite, 3) vendita o affitto di quella parte del patrimonio museale che non si riesce ad esporre e a conservare in modo dignitoso, 4) oblazioni volontarie, riconoscibili anche con una sorta di albo d’onore, 5) incentivazione dell’onestà contributiva, favorendo i conflitti d’interesse nelle prestazioni professionali e riducendo la pressione fiscale, 6) ricupero dell’evasione, a cominciare dalla regolarizzazione dei catasti degli immobili.

Si è segnalata, a quest’ultimo proposito, la positiva esperienza, in atto dal 1993, del Comune di Rivoli, che, se estesa agli 8000 comuni, renderebbe oltre 10.000 miliardi annui continuativi (5 miliardi di euro). Anche Collegno e Rimini si sono mossi con grande successo su questa strada. Come già i comuni di S.Agata d’Esaro, Praia a Mare, Scalea e Tortora, anche Rivoli ha aderito con delibera all’ARDeP, versando la quota prevista al citato Fondo del Tesoro. Il Convegno di S. Nicola Arcella (CS), promosso dalla Fondazione Serio in collaborazione con l’ARDeP, sul tema Europa: economia, etica, educazione (ottobre 1998), ha ottenuto l’adesione di altri sindaci all’iniziativa, con l’impegno a deliberare in proposito. Ciò nello spirito del “patto di stabilità interno”, già suggerito dall’ARDeP Piemonte, poi previsto dall’art. 28 della Finanziaria 1998.

La riduzione della spesa si può ottenere anche attraverso l’assunzione di comportamenti di prevenzione dei danni, di razionalizzazione dei servizi e delle prestazioni, di riduzione dei consumi, di solidarietà operante. L’ARDeP ha affrontato negli ultimi anni due temi, connessi con la riduzione della spesa sociale e col ricupero dell’equità nelle relazioni sociali: si tratta della prevenzione dentale, dimostratasi efficace nel periodo della scuola elementare, e della cultura del Giubileo, perché i credenti potessero inserire la riduzione del debito nella prospettiva ebraico-cristiana della liberazione e del ricupero di relazioni eque attraverso percorsi riparatori. L’efficacia delle proposte è risultata modesta, perché in questo caso non si è potuto contare sull’esplicito consenso e sulla spinta propulsiva delle istituzioni responsabili e della stampa.

Tutto ciò dovrebbe servire, nelle intenzioni dell’Associazione, a ridurre la guerra psicologica e culturale che si è da tempo dichiarata fra Stato frodato e persecutore e cittadino tartassato ed evasore. E’ un fatto psicologico e culturale, prima che tecnico e politico. E’ sembrata questa la condizione preliminare per ridurre il debito, per raccogliere idee e risorse intellettuali e morali non solo intorno alla difesa e alla riforma dello stato sociale, ma anche intorno alla promozione dello stato intergenerazionale, aperto all’integrazione europea e mondiale, all’insegna dell’equità. (2)

(1) Il comitato promotore, divenuto in base allo statuto consiglio direttivo provvisorio, era costituito dai consiglieri: Luciano Corradini, ordinario di pedagogia nell’Università di Roma La Sapienza, presidente, Giacomo Fidei, dirigente del MPI e segretario generale della Dirstat Pubblica Istruzione (il sindacato dei dirigenti pubblici), vicepresidente, Paolo Mazzanti, capo delle relazioni esterne di Confindustria, vicepresidente, Lucio Leboffe, segretario generale della Dirstat Finanze, Luciano Sgobino, presidente  nazionale dell’Age, associazione genitori, Mario Boschi, vice presidente  nazionale dell’AIMC, associazione dei maestri cattolici, Giancarlo Arcieri, ingegnere informatico funzionario di banca, Fernando Boccagna, ispettore di ragioneria del MPI, Anna Corbi, funzionaria del MPI. Del comitato scientifico sono stati chiamati a far parte: Mario Baldassarri, Giovanni Bazoli, Luigi Campiglio, Pellegrino Capaldo, Carlo Dell’Aringa, Giuseppe Gaburro, Ignazio Musu, Gaetano Piepoli, Romano Prodi, Gian Cesare Romagnoli, Tiziano Treu, Stefano Zamagni. ordinario di pedagogia nell’Università di Roma La Sapienza, presidente,

Il consiglio direttivo è ora composto da Luciano Corradini, Paolo Mazzanti e Marzio Catarzi, vicepresidenti, Maria Bonomelli, segretaria, Gian Cesare Romagnoli, Luciano Sgobino, Roberto Fallerini, Daniele Rossi, Gennaro Baccile, consiglieri.

La sede ufficiale dell’ARDeP è quella della FIVOL, Fondazione italiana del volontariato, Via Nazionale 39, Roma, gentilmente e generosamente concessa.

Per iscrizioni, si procede al versamento di £.20.000 (10,33 euro) al ccp n.19551001, intestato a Tesoreria provinciale dello Stato, sezione di Roma, Direzione Generale del Tesoro, Servizio 1° divisione III, Via XX settembre 97, 00187 Roma (cap. 3330, legge 432/1993); idem all’ARDeP, sul cc p n.29152006, intestato a: ARDEP, c/o FIVOL, Via Nazionale 39, 00184 Roma.

*E’ parte del Cap. 3 del libro La tunica e il mantello. Debito pubblico e bene comune. Provocare per educare, Euroma La Goliardica, Roma 2003, pp. 57-63