Se è vero, come diceva Isaac Newton, che non c’è niente di certo nella vita tranne la morte e le tasse, gli italiani hanno sempre fatto di tutto per smentire la seconda affermazione. Sui tributi in Italia l’incertezza regna sovrana. L’evasione fiscale è la più alta d’Europa, quantificata in 190 miliardi di euro l’anno, secondo l’ultima relazione del Parlamento di Strasburgo sui reati finanziari. Anche la prima posizione per evasione fiscale pro capite nell’Unione spetta al nostro Paese, con una media di 3.156 euro l’anno a persona.
Ma siamo anche lo Stato in cui l’evasione è sostanzialmente impunita: attualmente ci sono 156 persone in carcere per reati fiscali contro gli 8.600 della Germania e i 12 mila degli Stati Uniti (dove vige pure l’orrenda “gogna mediatica” che impone di pubblicare sui giornali nomi, cifre e pene degli evasori).
Le conseguenze, come è noto, sono enormi sul piano del bilancio dello Stato. La Corte dei conti ha calcolato che su più di mille miliardi di “debito pubblico di tasse” che gli evasori devono allo Stato da 50 anni, si riesce a recuperarne solo il 13,3%. Non ha funzionato nemmeno la strada delle sanatorie: «C’è ancora un “magazzino” teorico di entrate da riscuotere per un importo di 954,7 miliardi, ma solo 79,6 hanno concreta possibilità di essere incassati. Per il resto, si tratta di evasioni a carico di soggetti falliti, ditte cessate e nullatenenti».
Eppure si tratta di un reato molto grave dal punto di vista morale, un vero e proprio cancro sociale. Non solo perché si è calcolato che con appena un terzo del denaro evaso si potrebbero risolvere infiniti problemi: pensiamo all’emergenza Covid, o alla disoccupazione, alla manutenzione di strade ed edifici pubblici, alla scuola, alla messa in sicurezza delle abitazioni contro le calamità, o alla lotta all’Alzheimer e ai molteplici campi della ricerca scientifica e dello sviluppo industriale.
Ma anche perché chi evade dispone di risorse in più per competere contro gli onesti. O per superarli in graduatoria nei servizi pubblici come il nido, la mensa scolastica, la casa popolare, la retta universitaria o del collegio. A pagarne le conseguenze sono i 18 milioni di lavoratori dipendenti e i 16 milioni di pensionati che pagano i tributi con la “ritenuta alla fonte” sostenendo il peso di chi non le paga.
L’evasore insomma è un Robin Hood al contrario, ruba ai poveri per dare ai ricchi. I modi per evadere sono infiniti e spesso rocamboleschi. Come quel macellaio di Piombino che aveva rotto il registratore di cassa e nascosto al fisco redditi per 333 mila euro. O il commerciante di orologi di lusso scovato alla frontiera di Ponte Tresa con 50 mila euro in contanti nascosti nel calzino.
Naturalmente i grandi evasori sono altri, e si celano nel mondo delle imprese, spesso controllate dalla criminalità organizzata. Per nascondere milioni e milioni di euro la Svizzera non va più di moda, Panama è diventata scomoda, le Bermuda troppo sospette e il Lussemburgo troppo costoso. Ma l’evasore grande e medio ha già trovato un’altra oasi, che offre zero tasse e tanta riservatezza: gli Emirati Arabi. Grattacieli altissimi e controlli bassi, banche efficienti e regole carenti: una vera e propria Mecca per gli evasori.
Ma come si combatte l’evasione fiscale? Il neopresidente di Confindustria Carlo Bonomi propone una soluzione insolita: «Perché la tassazione diretta è solo per i 5 milioni di autonomi? Facciamo lo stesso per tutti i lavoratori dipendenti, sollevando le imprese dall’onere ingrato del “sostituto d’imposta”, cioè di raccolta in anticipo del gettito erariale, peraltro con le connesse responsabilità». In pratica i lavoratori e i pensionati riceverebbero lo stipendio e la pensione lorda, «con il vantaggio psicologico di guadagnare e incentivare i consumi».
Ma è un’idea molto criticata, poiché raffredderebbe le pretese di rinnovo contrattuale e costringerebbe milioni di italiani a ricorrere al commercialista. Il primo a bocciarla è il leader della Cgil Maurizio Landini, che propone maggiori possibilità di detrazioni agli autonomi: «Faccio il classico esempio dell’idraulico: dare la possibilità di detrarre spese di questo tipo potrebbe ridurre l’evasione Iva, che supera i 35 miliardi l’anno». Ma per Landini «c’è soprattutto il tema degli appalti, subappalti e finte cooperative, un pezzo di economia che si sottrae al fisco e spesso è controllato dalla criminalità organizzata».
Uno dei principali strumenti della lotta all’evasione è la diminuzione del contante, che si presta a operazioni “in nero”. Per questo il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha annunciato un piano cashless per la digitalizzazione dei pagamenti: «Può essere una grande leva per combattere l’evasione fiscale, come l’utilizzo dei Pos da parte di tutti gli esercenti, dai panettieri ai parrucchieri». Gualtieri confida di sottrarre almeno 3 miliardi all’anno agli evasori. E gli altri 187?
Chi ha idee chiare sull’argomento è il presidente dell’Agenzia delle entrate Ernesto Maria Ruffini, avvocato tributarista, che ne fa addirittura una questione antropologica. Per Ruffini, che sull’argomento ha scritto un libro (L’evasione spiegata a un evasore, Ediesse), chi non paga le tasse è tecnicamente un ladro, perché ruba risorse alla collettività. Per questo l’educazione alle tasse dovrebbe essere introdotta nelle scuole. Ma Ruffini aggiunge che spesso la tentazione si nasconde in tutti noi: «Sono proprio le tasse che tu non paghi a far mancare medici, macchinari, posti letto negli ospedali e ad allungare le liste d’attesa. Quando non rilasci uno scontrino non fai una furbata, ma commetti un furto. E per giunta un furto contro te stesso, perché equivale a un posto letto in meno in ospedale per i nostri malati, per tua madre. Siamo tutti sulla stessa barca.
L’evasore non è una razza diversa. L’evasore in potenza è dentro ognuno di noi. Come il ladro, anche l’evasore è fatto dall’occasione. Per questo penso che le partite Iva che invece pagano tutto quello che devono pagare siano i migliori cittadini di questo Paese: perché resistono alla tentazione».
(tratto da Famiglia Cristiana – n. 44 – 1 novembre 2020)
L’inchiesta completa di Famiglia Cristiana sull’evasione fiscale è visibile qui.