Sentendo parlare di migliaia di miliardi, il cittadino comune ha tutte le ragioni per essere sconcertato. Da dove vengono tutti questi soldi (in Europa tra 2 e 3 mila miliardi), come mai non c’erano mai quando si chiedeva di intervenire su qualche problema? Quali misteriose casseforti ha aperto il virus? A Bruxelles, a Francoforte, o a Roma non c’è in realtà Babbo Natale che fa regali. I soldi sono sempre sudati, nessun pasto è gratis. A meno di mettere tasse nuove, o vendere il Colosseo, la gran parte, mettiamocelo bene in testa, è a prestito, e i prestiti vanno restituiti, con gli interessi, e buon per noi che sono molto bassi, anche grazie all’euro. Dunque, il modo in cui prevalentemente si ricevono denari antipandemia, è far debiti. Vanno però ripagati. Se un politico, non facciamo nomi, si scandalizza per questo, significa che ha studiato poco o è in mala fede.
A fine 2019, il debito del mondo intero era di 188 mila miliardi, corrispondente al 226% del PIL. Quello italiano erano di circa 2.400, attorno al 132% del PIL. Il 200% è un livello a cui stiamo pericolosamente avvicinandoci, dimenticando gli obblighi di Maastricht (60%!). Quando è apparso il paziente 1, eravamo già attorno al 135%, oggi siamo avviati al 155%. Per farci un’idea, negli anni ’60 del secolo scorso, l’Italia era al 30%. Ha raddoppiato negli anni ’80 (diventando però la quinta potenza economica), più che triplicato alla fine del secolo. L’ultimo governo che ha fatto abbassare il debito di un paio di punti è stato quello di Prodi, e l’ultimo a tenerlo fermo è stato Padoan. Poi è arrivato il «cambiamento». I soldi insomma non si stampano, come nei film di Totò. Si prestano, e solo se le agenzie di rating ti considerano affidabile (siamo due punti sopra la spazzatura, che escluderebbe qualunque prestito). Al massimo, se il debitore finale non paga, interviene lo Stato, che impegna già ora per questo qualche decina di miliardi. Sono i decreti «marzo» e «aprile», presentati come se fossero denaro cash, mentre sono solo garanzie a babbo morto. Per diventare soldi sonanti devi andare in banca, compilare 9 moduli anche nei casi in cui l’erogazione è definita automatica, e affidarti al banchiere. Un sistema che ruota attorno alle banche, con buona pace di chi era andato al Governo per abbatterle.
Gli Stati, intanto e per fortuna, sono aiutati dalla BCE, che compra pezzi di carta denominati Bond, e paga – essa sì – cash. Per l’Italia sono circa 220 miliardi nel 2020, senza i quali non ci sarebbero soldi, non per l’emergenza ma per stipendi e pensioni. È la prima «cattiveria» dell’Europa. La seconda è quella di aver bloccato il vincolo di stabilità, per cui appunto lo Stato italiano può farsi garante e spendere (sempre a debito) somme importanti, prima non consentite. Una finanziaria normale (che però almeno finge di tagliare spese, oltre che far debito) vale 30/40 miliardi, mentre ora si sta parlando di 150 miliardi.
Poi, ci sono altre «cattiverie» europee, che oggi valgono 540 miliardi, già disponibili. C’è la BEI che aiuta le imprese, ci sono 100 miliardi per l’occupazione, e infine c’è il benemerito MES che è già un bancomat aperto (costo 0,5% di interessi). Ci abbiamo messo garanzie per 15 miliardi, ne possiamo ritirare 36 cash. Unica condizione: investire in sanità, ma non chiediamo di meglio. Prima, salvava gli stati in cambio (ma non è ovvio?) di concrete azioni di riforma (è così che si è salvata la Grecia, e non solo). Infine, ultima «cattiveria», l’Europa vuole ora inventarsi i «recovery bond», proposti da Spagna e Francia, che non sono gli «eurobond o morte» di cui parlava Conte in dichiarazioni infelici, ma sono basati su soldi del bilancio comunitario (1% del PIL europeo, da portare al 2%) perché anche questi chiedono una copertura. I veri eurobond la prevedono mettendo a contrappeso risorse (tasse) degli Stati e quindi sovranità, con il veto di Germania e altri. Qui il contrappeso sarebbe il bilancio stesso. È un percorso un po’ difficile, e vedremo se funziona.
Appuntamento a maggio, con la speranza (italiana) che sia la volta anche di un vero regalo, con una parte sotto forma di sovvenzione a fondo perduto. Qui davvero Bruxelles diventerebbe Babbo Natale.
(tratto da L’Eco di Bergamo del 28 aprile 2020)