Il 26 settembre del 1992 Luciano Corradini, professore di pedagogia all’Università di Roma e vicepresidente del Consiglio nazionale della pubblica istruzione, si reca in un ufficio postale e versa 500 mila lire come “contributo volontario al risanamento del bilancio dello Stato” italiano. Quello stesso giorno scrive a Giuliano Amato, presidente del Consiglio dei Ministri: “ho deciso di versare mensilmente all’erario 500 mila lire, oltre ovviamente a ciò che debbo in quanto cittadino, finché perdureranno le attuali difficoltà dell’Italia”. Così Luciano Corradini diventa il primo volontario fiscale: “io penso che questo volontariato dentro le istituzioni, questa forma di volontariato fiscale, che non vuole accusare nessuno né coprire alcuna ingiustizia, sia un investimento produttivo di un valore di cui non vedo come si possa fare a meno, noi e chi verrà dopo di noi: parlo della cittadinanza, un bene da produrre e da garantire con appartenenze, leggi e comportamenti, che siano sempre meno inadeguati ad assicurare una buona vita sul Pianeta al più alto numero possibile di persone” (Luciano Corradini – lettera a Giuliano Amato del 26/09/1992). Quella di Corradini non voleva essere soltanto una pur lodevole testimonianza, ma anche un’indicazione sulle strade da intraprendere per il futuro. Lo dimostra il fatto che Corradini ha smesso di effettuare i versamenti mensili allo Stato soltanto dopo un anno e mezzo, quando venne costituita l’Associazione per la Riduzione del Debito Pubblico (ARDeP), di cui Corradini è fondatore e tuttora presidente onorario.
Era il giorno di santa Lucia del 2007. Nell’Auditorium del Liceo Scientifico Mascheroni, ricorrendo il 60° anniversario della promulgazione della Carta Costituzionale, si teneva l’ultimo incontro del corso di formazione “Educazione alla cittadinanza ed alla cultura costituzionale”. Relatore sul tema “Scuola e Costituzione” era Luciano Corradini, professore ordinario della terza Università di Roma. Nella presentazione veniva ricordato che il relatore è stato anche fondatore dell’Associazione per la riduzione del debito pubblico (ARDeP).
Fino a quel momento non avevo mai sentito nominare Corradini e neppure l’ARDeP. Però la questione del debito pubblico mi interessava. In passato avevo scritto alcuni articoli su questo argomento. Così al termine dell’incontro mi sono avvicinato al relatore per chiedere qualche informazione in più. Per farla breve dico soltanto che sono tornato a casa con una copia del libro “La tunica e il mantello”, che ricostruisce la nascita e i primi anni di storia dell’ARDeP, con la dedica di Luciano Corradini: “a Rocco, incontrato nel mare della Costituzione, dove siamo entrambi giunti venendo da lontano, dalla pianura emiliana e dalle valli bergamasche, dove libertà fa rima con solidarietà”.
Lessi il libro, che riporta questo sottotitolo: “debito pubblico e bene comune: provocare per educare”. Rimasi molto colpito dalla genesi dell’ARDeP. Così decisi di inviare a Corradini una copia dei miei articoli sul debito. L’iscrizione all’ARDeP fu una conseguenza logica. Quattro anni dopo mi ritrovai ad essere eletto vicepresidente e un anno fa addirittura presidente dell’Associazione.
Ma che cosa fa l’ARDeP? In sintesi si può dire che l’ARDeP è impegnata, dal 1993, a promuovere iniziative di testimonianza, formazione, studio e sensibilizzazione ai valori dell’equità e della solidarietà intergenerazionale, in termini di responsabilità civica, economica e politica. Il debito pubblico italiano, per le dimensioni abnormi e gli effetti devastanti che produce nella vita sociale, deve essere ridotto attraverso un complesso d’interventi a tutti i livelli.
L’ARDeP è una “piccola barchetta” che cerca di navigare nell’oceano del debito cercando di non farsi sommergere. L’associazione si costituisce intorno a tre linee guida: formazione alla cittadinanza, riforme fiscali e strutturali, risanamento della spesa. In particolare, le principali proposte sono:
1 – Promuovere l’informazione e la cultura sul debito pubblico (entità, cause, effetti); realizzare una formazione di base e continua centrata sui diritti e doveri di cittadinanza, anche fiscale, sviluppando sinergie tra istituzioni e società civile, per uno Stato/Repubblica dal volto umano, orientato al bene comune e alla convivenza civile e democratica, richiedendo i doveri di solidarietà sociale e convincendo il Paese a credere in se stesso attraverso un nuovo “patto sociale” tra istituzioni e cittadini, che rilanci partecipazione democratica, fiducia istituzionale, responsabilità sociale e civile.
2 – Approvare una riforma fiscale con l’obiettivo di:
- inserire tutti i redditi percepiti – a prescindere dalla loro provenienza – nella base imponibile da tassare (eliminazione della cedolare secca su affitti, della tassazione separata dei risparmi e delle attività finanziarie, sostituzione di tutte le attuali forme di tassazione forfettaria attraverso il nuovo sistema);
- aumentare la deducibilità dalla base imponibile delle spese, soprattutto quelle considerate essenziali e necessarie, ai fini di una corretta determinazione della reale capacità contributiva di ciascuno (art. 53 Cost.);
- garantire l’equità fiscale aumentando la progressività (art. 53 Cost.) del prelievo tributario (anche attraverso l’aumento del numero delle aliquote e delle relative fasce di reddito imponibile) e diminuendo le aliquote IVA per i beni e i servizi essenziali;
- combattere l’evasione fiscale anche attraverso l’attivazione di un contrasto di interessi tra consumatore/fruitore e venditore/erogatore, e l’introduzione di una fiscal-card, per disincentivare l’utilizzo dei contanti;
- combattere il fenomeno della cosiddetta estero-vestizione (fittizia localizzazione all’estero della residenza fiscale di una società) anche mediante l’utilizzo delle intercettazioni come strumento di indagine.
3 – Istituire una imposta patrimoniale straordinaria sui grandi patrimoni (mobili e immobili), con aliquota personale congrua. Si tratta di stabilire per ciascun titolare del patrimonio un’apposita aliquota, mettendo a confronto il patrimonio detenuto con la documentazione storica dei redditi dichiarati al fisco nel più lungo arco di tempo consentito dal sistema informativo dell’anagrafe tributaria. Bisogna prevedere un criterio di calcolo dell’imposta di successione e donazione basato sullo stesso principio.
Luciano Corradini ha efficacemente rappresentato il problema del debito pubblico con un esempio: “ci comportiamo come due genitori che tutte le sere vanno al ristorante e che ogni volta mandano il conto da pagare ai figli”. Così non si poteva e non si può continuare: “mia moglie ed io, genitori di tre figli ormai cresciuti, stiamo cercando d’imparare il mestiere di cittadini”. Umiltà e serietà di un pedagogista, che con il versamento volontario si è sentito “più libero di chiedere al Governo il massimo impegno di equità”.
(tratto dalla rivista “Il Jolly” – gennaio 2020)