Continua ad allargarsi drammaticamente la forbice fra i ricchi e poveri, con un conseguente impantanamento di coloro i quali addensano l’area sociale del profondo disagio economico, dell’insicurezza percepita e, inevitabilmente, anche di vecchie e nuove forme di criminalità. In Italia l’attenzione a questi temi ha vivacizzato il dibattito interno degli ultimi tempi, coinvolgendo economisti, sociologi, forze sindacali, facendo emergere la progressiva perdita di capacità redistributiva del nostro sistema fiscale.
Le «fughe» dall’IRPEF, che il legislatore ha prodotto attraverso la vasta gamma di redditi soggetti a tassazione sostitutiva, così come gli alti tassi di evasione ed elusione fiscale, hanno contribuito a far sì che l’IRPEF si trasformasse in un’imposta speciale sul lavoro dipendente e sulle pensioni.
È ormai convinzione diffusa, peraltro, che se si vuol far ripartire la domanda interna per stimolare la crescita economica bisognerebbe mettere più soldi nelle tasche dei ceti oggi maggiormente in difficoltà. Qualche risultato può derivare dal reddito di cittadinanza che va tuttavia ripensato perché sia destinato solo a chi ne ha effettivo bisogno.
Il problema è che stiamo parlando di un Paese, l’Italia, in cui l’economia sommersa e l’evasione fiscale, che ammontano a oltre 200 miliardi di euro l’anno, sottraggono risorse per efficaci interventi di sostegno sociale, producendo una profonda ingiustizia e costringendo imprese e cittadini a pagare imposte anche per chi non le paga. Ciò, inoltre, impedisce una riduzione progressiva e consistente del nostro debito pubblico, i cui elevatissimi livelli sono oggi a fatica sopportabili solo in virtù dei bassissimi tassi d’interesse.
Questa situazione compromette non solo le istanze di equità, ma la stessa stabilità sociale. Si rende, quindi, estremamente urgente intervenire con una riforma fiscale che sia in grado di esplicare effettivamente la funzione di redistribuzione costituzionale prevista dal principio di progressività, prelevando quote maggiori sui redditi più elevati, a vantaggio di una minore tassazione dei redditi più bassi.
Questo tema era stato affrontato, a suo tempo, dal ministro Tremonti, che aveva sostenuto la necessità di costruire un sistema di tassazione in grado di passare «dalle persone alle cose». Di ciò non si è più parlato negli anni successivi, anzi, sono spesso emersi segnali in direzione opposta. Ne è esempio emblematico l’eliminazione dell’Imu sulla prima casa «per tutti». Una manovra elettoralmente vincente, ma che ha determinato tagli in settori come quello della sanità e dell’istruzione che hanno colpito certamente i cittadini più deboli.
Si pone, poi, con estrema urgenza l’esigenza di affrontare alle radici il problema dell’evasione fiscale. La prossima legge finanziaria si propone il recupero di 7,5 miliardi con varie misure tra cui il contenimento dell’uso del contante (da 3.000 a 2.000 euro), l’incentivazione dei pagamenti elettronici che consentono la tracciabilità e l’inasprimento delle pene per i grandi evasori prevedendo anche il carcere. Tutti interventi condivisibili, ma per aggredire radicalmente il malvezzo dell’evasione occorrerebbero soprattutto iniziative in grado di diffondere una nuova «cultura fiscale», che porti la gran parte dei cittadini ad apprezzare chi paga le tasse e a condannare duramente chi non le paga.
Fortunatamente, in tale direzione qualcosa si sta muovendo. I commercialisti di Milano, ad esempio, hanno ideato un progetto, con tanto di cartoni animati e di vademecum del piccolo contribuente, per spiegare ai bambini delle scuole elementari perché è importante contrastare la cultura dell’evasione fiscale.
Iniziative analoghe sono portate avanti dalla stessa Agenzia delle Entrate e da ammirevoli insegnanti in molte scuole, mettendo in evidenza la gravità del reato di evasione fiscale. È doveroso, però, che del problema si faccia carico «direttamente» il ministero dell’Istruzione, prevedendo che in tutte le scuole di ogni ordine e grado siano sistematicamente accompagnati i ragazzi, con iniziative di vario tipo, lungo il cammino dell’educazione civica fiscale.
(tratto da L’Eco di Bergamo del 18 ottobre 2019)