Rocco Artifoni
Purtroppo anche nel 2016 le previsioni del Governo sulla riduzione del debito pubblico italiano si sono dimostrate errate. La Banca d’Italia ha pubblicato le stime del debito e del fabbisogno delle amministrazioni pubbliche per l’anno 2016. Al termine dello scorso anno il debito pubblico era pari a 2.217,7 miliardi di euro, mentre un anno prima il debito ammontava a 2.172,7 miliardi. Di conseguenza il debito nel 2016 è aumentato di 45 miliardi di euro.
è interessante notare che anche nel 2016 è aumentato il debito delle amministrazioni centrali (Stato), ma è diminuito quello delle amministrazioni periferiche (Regioni, Province e Comuni). Infatti il debito statale è cresciuto di 48,6 miliardi, mentre quello degli enti locali è sceso di 3,6 miliardi. Il debito degli enti di previdenza è rimasto sostanzialmente stabile.
Nel frattempo l’ISTAT ha reso noto che il PIL italiano nel 2016 è aumentato dell’1%. Dato che il PIL nel 2015 è stato di 1.642,4 miliardi di euro, significa che il PIL nel 2016 dovrebbe essere arrivato a 1.658,9 miliardi di euro.
Di conseguenza, il rapporto debito/PIL anche nel 2016 è aumentato, contrariamente alle previsioni del Governo e in particolare del Ministro Pier Carlo Padoan. Infatti, se nel 2015 il debito era al 132,3% del PIL (dato confermato dalla Banca d’Italia), nel 2016 sulla base dei dati pubblicati dovrebbe essere arrivato al 133,7%, con un aumento dell’1,4%.
Il risultato non sorprende, poiché per evitare l’aumento del rapporto debito/PIL, bisognerebbe che nell’anno il debito aumentasse con la medesima proporzione del rapporto attuale con il PIL (cioè circa il 133%). In termini assoluti significa che, a fronte di un PIL aumentato di 16,5 miliardi nel 2016, il debito avrebbe dovuto fermarsi ad un aumento di circa 21,5 miliardi. Peccato che il debito sia cresciuto più del doppio.
Di conseguenza anche l’obiettivo del pareggio di bilancio si è dimostrato una chimera: con 45 miliardi di incremento del debito, bisognerebbe registrare una crescita del PIL non lontana dal 3%, che oggi non pare proprio un evento realistico in Italia.
Non è tutto. Occorre anche tener conto che, grazie all’intervento della BCE guidata da Mario Draghi, negli ultimi anni i tassi di interesse sui titoli pubblici sono diventati molto bassi, con il risultato di dimezzare gli interessi annuali sul debito pubblico italiano. Infatti, qualche anno fa l’aumento annuo del debito era prossimo ai 90 miliardi di euro.
Oggettivamente l’Italia da circa tre anni si trova nella migliore condizione possibile per cercare di contenere, fermare e possibilmente diminuire il rapporto debito/PIL, come previsto anche dagli accordi europei. Ma anche con queste condizioni favorevoli non si riesce ad uscire dal “tunnel” del debito.
Attenzione: è fin troppo facile dare la colpa all’Europa. In realtà l’Italia s’è infilata da sola nel vicolo cieco del debito che si alimenta con gli interessi del debito.
Molti pensano ancora che l’unico modo per uscirne sia una forte crescita del Paese, ma è da decenni che questa prospettiva viene smentita. Probabilmente la principale causa della mancata crescita è proprio il debito pubblico troppo elevato.
Prendendo atto di questa situazione, forse sarebbe sensato cominciare a pensare ad una strada alternativa.
Non va dimenticato che di fatto tutte le risorse assorbite dagli interessi sul debito sono interventi sottratti alle politiche sociali. C’è chi guadagna sul debito e chi ci perde. Di solito ad avere la peggio sono i più poveri. Per questo il debito pubblico è un problema di tutti e non possiamo continuare a far finta di nulla o a posticiparne la soluzione, lasciando questa eredità negativa alle prossime generazioni.