Qualche mese fa su questa stessa pagina ci siamo chiesti come mai, nonostante i numeri civici siano progressivi e quelli dell’evasione esponenziali, per fare il postino ci voglia il diploma e per fare il finanziere basti la terza media.
L’occasione era stata offerta dalla pubblicazione del bando di concorso per il reclutamento di 1.634 finanzieri, di cui solo 633 posti destinati ai cittadini italiani in possesso del DIPLOMA DI MATURITÀ e ben 1.001 posti riservati ai volontari delle Forze armate in possesso della TERZA MEDIA.
Nel frattempo si è conclusa la prima prova di preselezione alla quale hanno partecipato diverse decine di migliaia di concorrenti, ma solo i migliori sono stati ammessi alle successive fasi del concorso.
I militari che hanno concorso per il contingente ordinario hanno superato la prova con un punteggio minimo pari o superiore 53.
Mentre per i cittadini italiani in possesso del diploma l’asticella si è alzata fino a 148 (stesso contingente ordinario).
Dunque, possiamo affermare, semplificando parecchio, che sono stati esclusi dal concorso i cittadini italiani con un Q.I. inferiore a 148 e fatti idonei i militari con un Q.I. fino a 53.
Vien da chiedersi, e sarebbe ora che qualcuno lo facesse. Questo metodo di selezione è in linea con il principio di economicità e buon andamento della P.A.?
È il più idoneo per combattere l’evasione fiscale e contributiva?
È in linea con gli interessi dei contributi nella lotta all’evasione oppure è funzionale ad altri oscuri interessi?
QUALI?
La domanda non è di poco conto, atteso che i 1.001 finanzieri nell’arco della loro vita lavorativa (40 anni) costano ai contributi circa un miliardo e 200 milioni di euro (ponendo un costo medio, per ciascuno, di almeno 30 mila euro all’anno, tra stipendio, ritenute, contributi, indennità accessorie, ecc. ecc.).