Saluto introduttivo in occasione del Convegno per il decennale della nascita dell’AIDU – Facoltà di Scienze Politiche, Università di Roma Tre, Roma, 26 settembre 2009
Al termine dei saluti introduttivi, vorrei dirvi brevemente le ragioni che hanno condotto il Consiglio Nazionale dell’AIDU a scegliere il tema di questo convegno. Il Congresso di Napoli dei docenti universitari del marzo 2008 si concluse con una comune dichiarazione di intenti del Presidente della CRUI Guido Trombetti e del Presidente del CUN Andrea Lenzi che, nonostante giudicassero ancora insoddisfacente la struttura didattica della nostra università, auspicavano, dandola quasi per scontata, una interruzione del processo di riforma degli ordinamenti già sottoposto a revisioni eccessive (l’ossessione riformista).
A volte un assioma è in realtà più schermo alla riflessione che utile orientamento all’indagine. I diciotto mesi che sono trascorsi da allora hanno mostrato un corso di eventi molto diverso. I nuovi ordinamenti, quelli che stiamo terminando di modificare, il cui iter di approvazione è previsto entro il 2010, saranno sottoposti per quella data a un’ulteriore revisione completa dovuta all’inserimento di nuovi requisiti didattici che colpiscono anche i percorsi oltre ai corsi di laurea lasciando prevedere cambiamenti radicali della struttura didattica dei nostri Atenei anche per le lauree triennali. Il Ministero per l’Istruzione ha peraltro annunciato un disegno di legge di riforma dell’università entro il prossimo mese di ottobre.
E’ un tema, quello della riforma universitaria, che verrà svolto oggi in due sessioni: la prima dedicata allo stato di sofferenza di questa istituzione e alle sue cause, la seconda alla responsabilità dei docenti che hanno un ruolo fondamentale nel segno del funzionamento di questa istituzione. Il malfunzionamento di alcuni atenei, spesso accompagnato dal malcostume, è stato denunciato in modo sempre più frequente e grave da molti anni sia dai mezzi di comunicazione, sia da molti colleghi ma è stato sopportato dagli studenti e ha menomato la capacità di sviluppo del nostro paese. A questo contesto viene addebitata soprattutto la lenta cristallizzazione della dinamica sociale e quindi l’affievolimento della speranza per molti giovani motivati del nostro paese nel momento di entusiasmo più vivo della loro vita e per le loro famiglie che hanno continuato ad investire i loro risparmi, anche se in misura decrescente negli ultimi anni, nell’istruzione universitaria per il futuro dei loro figli. Oggi, a fronte di una disponibilità di strumenti notevolmente superiori rispetto al passato, un giovane con talento e passione per la ricerca, che intenda impegnarsi nell’università, ha di fronte a sé, purtroppo, prospettive molto limitate. Questa valutazione rimane valida dopo, e nonostante, gli ultimi dieci anni di riforme. Gli ordinamenti universitari introdotti dalla L.509/1999 e modificati dalla L.270 del 2004 sono stati adottati senza un’adeguata sperimentazione e poi addirittura negandone gli insegnamenti che se ne potevano trarre, all’insegna di un’autonomia che si è rivelata sovente falsa e controproducente. In questo contesto è maturato il decreto 180/2008, trasformato nella L.1/2009, dopo aver interrotto le procedure concorsuali in atto. Alle diverse responsabilità dei politici e dei docenti sono dedicate le due sessioni di questo convegno. Il proposito dell’AIDU è quello di dedicare questo suo “decennale” allo stato dell’arte del dibattito intorno al Sistema Universitario Nazionale per contribuire al suo rinnovamento attraverso la sua rete di sezioni nei diversi atenei (da Bologna a Potenza, da Catania a Padova).
Le università italiane sono chiamate ad operare in una situazione di grande complessità, dovendo scontare una inefficiente allocazione delle risorse mentre la comparazione e la competizione a livello nazionale e internazionale sono sempre maggiori. Ciò ha comportato e comporta varie criticità, alcune delle quali sono dovute alla decisione politica, altre alla responsabilità dei docenti. Esse non debbono essere drammatizzate, ma nemmeno sottovalutate. Per affrontarle, ieri l’altro anche la CRUI ha riconosciuto che sono indispensabili scelte riformatrici chiare e coraggiose.
A mio modo di vedere, le criticità da addebitare alla politica nascono da:
– una riforma dei corsi di laurea basata sull’istituzione delle lauree triennali subito dopo il recente fallimento dei diplomi universitari triennali;
– nuovi ordinamenti disegnati e istituiti in assenza di sperimentazione;
– la mancanza della valutazione che ha condotto la L.270/2004 a non tener conto degli errori della L.509/1999. La scarsità, ma soprattutto la disattenzione della qualità percepita (da parte degli utenti) rispetto a quella offerta (potenziale), ne è esempio la disattenzione alla domanda del mercato del lavoro;
– l’incapacità di sanzionare i comportamenti negativi, noi diamo tenure a tutti i ricercatori e docenti di ruolo;
– il finanziamento dell’università all’interno di un modello universalista che caratterizza la gran parte della nostra spesa pubblica;
– la proliferazione incontrollata delle sedi universitarie (circa 350), che ha seguito quella degli aeroporti, ha moltiplicato le spese per il funzionamento e soprattutto la disattenzione a un meccanismo di finanziamento dello sviluppo del sistema universitario che rispettasse il merito e l’efficienza.
Le criticità da addebitare ai docenti sono:
– l’autorefenzialità scambiata per autonomia anche nella didattica (inanità delle commissioni paritetiche), come nel mercato farmaceutico, spesso si può scambiare una nuova confezione, un nuovo contenitore con un nuovo prodotto, una nuova molecola;
– la disattenzione all’internazionalizzazione (1/12 di USA e Aus e 1/6 di UE);
– il frazionamento e la frantumazione degli insegnamenti e dei loro programmi;
– la correlazione casuale tra CFU e lo sforzo per apprendere che non distingue tra discipline diverse;
– il disimpegno di parte dei docenti che ha assecondato comportamenti egoistici, individualisti, corporativismi.
Agli esiti di queste due tipologie di criticità vanno addebitati la mancanza degli strumenti formativi e il mancato riconoscimento delle lauree triennali da parte del mercato del lavoro. I docenti e gli studenti devono porre il governo nazionale di fronte alle sue responsabilità. Ma devono farlo, dobbiamo farlo, prima di tutto con un forte esempio di responsabilità da parte nostra, cui tutti, docenti e personale tecnico-amministrativo, siamo chiamati a concorrere. Siamo tutti consapevoli quanto sia difficile il pubblico dei docenti, particolarmente quando, in un periodo di profonda crisi, è deluso e demotivato.
La creazione di nuove conoscenze, i bisogni formativi degli studenti e lo sviluppo della società devono essere gli assi attorno ai quali articolare tutte le nostre attività. La ricerca libera e quella finalizzata sono le basi dell’Università. L’internazionalizzazione e lo sviluppo locale non sono in alternativa purché sia il merito a guidare le scelte. I nostri studenti e soprattutto i nostri laureati cercano di andare all’estero stimolati dalla curiosità e dalla diversità e dalla novità. La nostra università non è meta significativa degli studenti e dei laureati di altri paesi.
Si deve consolidare, in alcuni casi ricreare, un’alleanza tra docenti e studenti. Non solo nel microcosmo che circonda ognuno di noi, i nostri studenti, la nostra classe, ma nelle strutture. Esiste anche nella crisi dell’università italiana una questione antropologica che ha privilegiato l’apparenza e non ha premiato l’impegno. Per questo c’è bisogno di riconoscere la testimonianza dei docenti e quindi degli studenti secondo i valori fondanti di un’etica deontologica piuttosto che consequenziale. Così si inverte la progressiva diminuzione nel passaggio scuola-università.
Lo stesso problema del finanziamento delle università è da collegare a un’idea di università centrata su trasparenza e collegialità, valutazione e merito, competenza e rotazione che sappia andare oltre le contrapposizioni precostituite e vincere il diffuso disagio e la sensibile stanchezza. L’allocazione delle risorse deve seguire una valutazione della qualità che secondo il CRUL (Lazio) va fatta producendo un set di indicatori discussi e conosciuti con un anno di anticipo e procedendo ad un confronto tra Atenei e aree scientifiche omogenei, tenendo conto: della dimensione, delle caratteristiche e della articolazione disciplinare, del contesto territoriale, della presenza o meno di facoltà come medicina del grado di autonomia dimostrato nel perseguimento di obiettivi prioritari della qualità dei servizi offerti in particolare agli studenti e ai giovani ricercatori.
In questo senso dovremmo seguire il monito del Presidente Napolitano affinché le istituzioni siano esempio di moralità.