L’ultimo DEF che il ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti dovrà predisporre e inviare al Parlamento – entro il 10 di aprile – prima dell’entrata in vigore, a settembre, delle nuove regole comunitarie del “Patto di Stabilità e Crescita” si profila non scevro da difficoltà, sia per il contesto politico in cui si pone, sia per lo stato dei conti pubblici del nostro Paese.
Il contesto politico. E’ già certo, per stessa ammissione del responsabile del dicastero economico, l’invio di una “raccomandazione della Commissione Europea al Consiglio per l’apertura di una procedura di disavanzo eccessivo nei confronti dell’Italia, ma anche nei confronti di altri paesi”. Si suppone siano una decina o forse più sul totale dei ventisette Paesi. Ed è una procedura che imporrà loro, insieme con l’Italia, di ridurre dello 0,5 per cento all’anno la spesa pubblica “netta”, ovvero quella che esclude gli interessi sul debito pubblico e altre spese straordinarie.
Nel mentre, il ministro Matteo Salvini sembra non essere particolarmente turbato dalla notizia perché alcuni giorni fa ha annunciato l’ennesimo “condono”, questa volta edilizio, un piano “Salva Casa”, per sanare lievi irregolarità che bloccano le transazioni nel settore immobiliare – di cui si sa ancora poco, se non che il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha rivendicato che analoga proposta, presentata dal suo partito “Forza Italia”, è già incardinata nella programmazione dei lavori del Senato. Pare che gli abusi da sanare siano quattro milioni…
A complicare la situazione è il ritorno delle regole del Patto di Stabilità e di Crescita, sospeso per gli anni della pandemia e della guerra. Rispettare il nuovo Patto – con i vincoli addizionali voluti dalla Germania che lo hanno reso più incisivo, rispetto alla proposta originaria della Commissione Europea – sarà più difficile per l’Italia, anche se per il prossimo triennio il governo italiano ha potuto ottenere qualche agevolazione. Ma è prevedibile che problemi più seri li avranno i prossimi governi, dopo la conclusione dell’attuale legislatura.
I conti. Non sarà un esercizio facile per Giorgetti presentare il nuovo documento di economia e finanza in presenza di una situazione dei conti pubblici nazionali piuttosto deteriorata, con un deficit (differenza tra entrate e spese) a chiusura dell’esercizio 2023 di 40 miliardi maggiore del previsto – causa principale, sempre secondo il ministro, il superbonus edilizio costato 114 miliardi in tre anni e mezzo e che pare si attesterà alla fine sopra i 210 miliardi di euro; con una crescita del Prodotto Interno Lordo (la ricchezza del Paese) nel 2024 minore delle previsioni fatte nello scorso ottobre e, di conseguenza, con un rialzo prevedibile del debito pubblico.
Un anno fa le previsioni del deficit si attestavano al 4,5%, salito al 5,3% con la nota di aggiornamento di settembre 2023, e stimato dall’ISTAT a marzo scorso al 7,2% in rapporto al PIL. Ma pare che salirà ancora, forse oltre l’8% per effetto dell’aggiornamento dei conti del ministero connessi alla spesa del superbonus edilizio.
Giova ricordare che il nuovo patto di stabilità e di crescita europeo ha mantenuto fermo il rapporto deficit/PIL al 3%. Ma non è più sufficiente garantire che il rapporto deficit/PIL rimanga sotto il 3% perché per i Paesi con debito/PIL maggiore del 90% il disavanzo (o deficit) deve scendere sotto l’1,5% del PIL. Così come il rapporto debito/PIL ha mantenuto, con le nuove regole, la percentuale del 60%. Al momento la previsione dell’ammontare del debito pubblico per l’Italia si aggira tra il 138 e il 140 per cento del PIL, ovvero più di due volte tanto il parametro imposto dalla UE. In valore nominale, al 31 marzo 2024 il debito pubblico italiano è pari a 2’436 miliardi di Euro.
Incertezza sul cuneo fiscale. In questo quadro appare molto improbabile poter trovare i soldi per garantire il taglio del cuneo fiscale (riduzione delle imposte e dei contributi) ai lavoratori, finanziato solo per il 2024 e poter dare risposte efficaci, soprattutto in vista dei prossimi appuntamenti elettorali e delle pressioni politiche inevitabili da parte dei membri del Governo. Ma sembrerebbe che il DEF in preparazione sarà il risultato di un documento “asciutto” dove, per sottrarsi all’onere di spiegare agli italiani la reale situazione dei conti pubblici, il governo rinvierà all’autunno ogni decisione, compresa quella sul finanziamento del taglio sul cuneo fiscale (quindici miliardi di Euro finanziati “una tantum”).