Maurizio Leo, viceministro dell’economia, intervenendo alcuni giorni fa al Forum nazionale dei commercialisti ed esperti contabili, a proposito dell’imposta sui redditi ha dichiarato che “l’aliquota marginale del 43%, che poi si sostanzia in un 50% per i soggetti che hanno 50 mila euro, è pesante e induce all’evasione”.
Si tratta di un’affermazione stupefacente per almeno tre ragioni.
- L’aliquota marginale più alta dell’imposta sui redditi sia in Germania sia in Francia attualmente è del 45%;
- In Italia l’aliquota marginale più alta è del 43% (per redditi superiori a 50 mila euro), ma l’aliquota effettiva di chi ha un reddito di 50 mila euro è del 28,28% (23% per i primi 28 mila euro e 35% per i successivi 22 mila euro);
- Chi pensa che un’aliquota elevata possa indurre all’evasione fiscale dovrebbe spiegare perché in Paesi come la Francia, il Belgio, la Danimarca, la Svezia o l’Austria, che hanno una pressione fiscale superiore a quella dell’Italia, l’evasione fiscale è di molto inferiore a quella rilevata nel nostro Paese.
Pochi giorni fa il viceministro Leo – in modo sorprendente – ha detto che “l’evasione fiscale è come un macigno, tipo il terrorismo”.
Il paragone appare azzardato.
L’evasione fiscale è un furto ai danni dello Stato e dei contribuenti onesti. L’evasore non terrorizza nessuno, anzi, troppo spesso si tende a giustificarlo, magari sostenendo che le tasse sono eccessive. Come ha fatto il viceministro Leo.
Al viceministro Leo tornerebbe utile leggere le dichiarazioni di un suo predecessore, il ministro delle finanze Ezio Vanoni, che nel 1949 ha scritto: “Il fenomeno dell’evasione fiscale oggi si verifica su di una scala preoccupante e compromette un’equa ripartizione dei carichi tributari”.
Nonostante queste evidenti contraddizioni logiche e matematiche, il viceministro Leo in una recente audizione alla Camera ha ricordato che il Governo “ha già avviato la riforma IRPEF con il passaggio da quattro a tre aliquote per poi successivamente avviarci a due aliquote e poi, come obiettivo di legislatura e compatibilmente con le risorse disponibili, si potrà arrivare all’aliquota unica”.
È appena il caso di ricordare che anche i viceministri, per assumere la carica istituzionale, devono giurare sulla Costituzione. In quella Carta all’articolo 53 dal 1948 sta scritto: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
Domanda: il ministro Leo è a conoscenza del significato del termine “progressività”? Persino Adam Smith, il teorico dell’economia classica capitalista, nel libro “La ricchezza delle nazioni” nel 1776 ha scritto: “Non è irragionevole che un ricco debba contribuire in misura superiore alla semplice proporzionalità rispetto al reddito”.