68,5%: è la media negli ultimi anni della propensione all’evasione fiscale dell’IRPEF (imposta sui redditi) da parte del lavoro autonomo e da impresa. Il dato viene riportato nella “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva”, un documento ufficiale del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Di conseguenza il Governo è a conoscenza del fatto che gran parte dei contribuenti che non sono lavoratori dipendenti o pensionati, omette di dichiarare allo Stato gran parte dei ricavi effettivi. Si tratta di una platea di oltre 4 milioni di lavoratori autonomi o imprenditori. In valore assoluto si tratta di oltre 30 miliardi di euro ogni anno che non vengono versati al fisco, l’equivalente di una legge di bilancio.
Logica vorrebbe che il Governo adottasse misure drastiche per cercare di recuperare questo tesoretto, di cui ci sarebbe molto bisogno, visto che ad ogni manovra finanziaria si scopre che “la coperta è corta”, perché i soldi sono insufficienti a coprire le spese previste.
Invece, proprio per il lavoro autonomo e da impresa il Parlamento e Governo hanno appena approvato il “concordato preventivo”. Lo Stato fa una proposta di imposte da pagare per i prossimi due anni. Se l’imprenditore accetta la proposta, non dovrà pagare nulla in più anche se poi i ricavi si rivelassero di molto superiori e per due anni di fatto non verrà più controllato. Ne conseguono alcune domande.
Anzitutto, perché l’Amministrazione pubblica ipotizza per i lavoratori autonomi un’imposizione ipotetica, mentre i lavoratori dipendenti pagano le tasse sulla base dei redditi effettivi? Si tratta evidentemente di un trattamento differenziato tra contribuenti, che è palesemente incostituzionale. Infatti, “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” (art. 53 Costituzione).
La proposta di tassazione sarà basata sui redditi pregressi (con evasione fiscale del 68,5%) oppure verrà aumentata? Se la proposta si basasse sui redditi pregressi, significherebbe confermare e legittimare l’evasione fiscale. Se fosse calcolata in aumento, tenendo conto della propensione all’evasione, si farebbero parti uguali tra diseguali, presupponendo che tutti i lavoratori autonomi siano evasori e di conseguenza penalizzando gli onesti.
Inoltre il testo approvato dal Governo prevede – incredibilmente – che chi occulta meno del 30% degli incassi non decada dal beneficio del concordato preventivo. Si potrebbe intravvedere in questa clausola una sorta di evasione fiscale programmata del tutto ingiustificabile.
La presidente del consiglio dei ministri Giorgia Meloni ha dichiarato che con il concordato preventivo si dimostra la “fiducia dello Stato verso i contribuenti”. Affermazione paradossale, poiché sono i contribuenti che “hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione” (art. 54 Cost.).
Il viceministro dell’economia Maurizio Leo ha precisato che si tratta di “un provvedimento importante, perché vuole cambiare passo per quanto riguarda i rapporti tra fisco e contribuente”, con l’obiettivo di “rivedere l’intero assetto del sistema tributario”. Una prospettiva preoccupante, poiché se la riforma fiscale andasse nella direzione indicata dal Governo, ci sarebbe il rischio di aggiungere ulteriori iniquità.
Purtroppo la politica odierna ha scarsa memoria. Altrimenti si terrebbe conto delle parole sagge pronunciate nel 1951 dal ministro delle Finanze Ezio Vanoni: “Chi possiede può giustificare il proprio possesso solamente se fa interamente il proprio dovere di solidarietà sociale rispetto al corpo sociale nel quale opera, e l’imposta è proprio l’espressione migliore di questa solidarietà”.