“Senza fine”: fisco e artigiani, demagogia di Giorgia Meloni

Sostenere che non ci sia limite alla demagogia della presidente del Consiglio Giorgia Meloni sa di bombardamento sulla Croce rossa, visto il non modico uso personale che ne fa nel mondo e dintorni. Del resto, sarebbe un controsenso stabilire limiti in uno stato democratico, perché – per nostra fortuna – è proprio la democrazia ad offrire libertà di tribuna ai demagoghi, con la speranza che essi si spengano per cause naturali al responso delle urne. Ma ieri, 10 novembre, la presidente che ha deciso di combattere “la madre di tutte le battaglie” (premierato e presidenzialismo) si è superata nel suo intervento all’Assemblea nazionale della CNA (Confederazione nazionale artigiani).

All’Assemblea Nazionale della CNA

Davanti a una folla di piccoli imprenditori, dal Secondo dopoguerra storicamente vicini alla sinistra (la famosa politica verso i ceti medi di togliattiana memoria) fino al tonfo delle ideologie, Giorgia Meloni non ha esitato a lisciare all’inverosimile il pelo al popolo delle partite IVA, tuonando contro “l’insopportabile equazione secondo cui un artigiano, una partita IVA, deve essere un evasore per nascita”; equazione che rappresenta “una menzogna una falsità ideologica che per troppi anni ha giustificato un atteggiamento persecutorio e infondato”.

Nella sostanza, ha voluto rassicurare la platea dei presenti che l’approccio del suo governo è cambiato rispetto al passato perché oggi è rivolto “a non disturbare chi vuole fare” ma, nello stesso tempo, esso punta a combattere l’evasione fiscale “quella vera, non quella presunta”. Intenzione encomiabile. Peccato, che questa sana intenzione strida con il rapporto appena pubblicato dal Ministero dell’Economia e Finanze. Si tratta della “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale contributiva 2023”[1] scritta da esperti in economia, statistica e materie giuridico-finanziarie, tra cui un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che analizza i dati sulla contabilità nazionale determinando il tax gap, termine con cui si rappresenta la differenza tra quanto incassato dal fisco e quanto si sarebbe dovuto incassare senza evasione. Nel 2020, ultimo anno elaborato, l’evasione tributaria e contributiva è stata di 86,9 miliardi di euro (76 di mancate entrate tributarie e 10,9 di mancate entrate contributive), pari al 5,3 per cento del PIL, il Prodotto Interno Lordo italiano.

L’evasione IRPEF da lavoro autonomo

L’imposta più evasa è stata l’IRPEF da lavoro autonomo e da impresa per 28,2 miliardi di Euro. Al secondo posto ci sono 22,9 miliardi di IVA e a seguire l’IRES (imposta sul reddito delle società) per 8,5 miliardi di Euro e l‘IRAP (imposta regionale sulle attività produttive) per 4,6 miliardi. Il resto è rappresentato dall’IRPEF da lavoro irregolare, dalle imposte locali e da alcune tasse e imposte minori. In percentuale, le imposte non pagate dalla categoria nel suo insieme di cui parla la presidente del Consiglio rappresentano l’84,4% del totale evaso.

Se poi ci addentriamo nell’analisi per individuare quanto è evasa un’imposta specifica sul totale del gettito atteso, vediamo che l’IRPEF da lavoro autonomo (lavoratori indipendenti e partite IVA) è l’imposta più evasa perché il suo tax gap è del 69,7%. Ora, se la matematica non è un’opinione, l’equazione contro cui si è scagliata con la sua abituale veemenza la presidente del Consiglio è davvero insopportabile? O, piuttosto, lo è, ma per chi paga le tasse, quindi, sopportabilissima per quel 69,7 per cento che evade?

Ora, la Presidente Meloni non è nuova a uscite roboanti, ma discutibili, nella sua esasperata ricerca del consenso a qualunque costo, anche a costo di scivolate discutibili sul piano civico, come quando parlò di “pizzo di Stato” per descrivere la politica fiscale. Frase peraltro confutata dalla Corte dei Conti che nella sua relazione al Rendiconto Generale dello Stato dichiara che l’attività di controllo si concentra su posizioni rilevanti riferite a importi superiori a 10 milioni di Euro, mentre invece dovrebbe essere più estesa per contrastare l’evasione diffusa che caratterizza la situazione italiana. Situazione diffusa, altro che “pizzo di Stato”. Infatti, i controlli eseguiti dall’Agenzia delle Entrate nei confronti dei soggetti presenti nelle attività più numerose sono stati nel 2021 il 2% e quindi le probabilità di questi soggetti di essere concretamente sottoposti a controllo sono molto limitate.

Situazione questa che appare non certamente persecutoria, né infondata, nei confronti degli autonomi e delle partite IVA.

Note

[1] RELAZIONE SULL’ECONOMIA NON OSSERVATA E SULL’EVASIONE FISCALE E CONTRIBUTIVA ANNO 2023 (art. 10-bis.1 c. 3 Legge 31 dicembre 2009, n. 196) in: https://www.finanze.gov.it/export/sites/finanze/.galleries/Documenti/Varie/Relazione-evasione-fiscale-e-contributiva-2023_26set-finale.pdf

[2] CORTE DEI CONTI SEZIONI RIUNITE IN SEDE DI CONTROLLO RELAZIONE SUL RENDICONTO GENERALE DELLO STATO 2022 – pag. 17 in: https://www.corteconti.it/Download?id=f99ce2c6-4baa-4338-8032-060831415f71

Fonte: https://www.laportadivetro.com/post/senza-fine-la-demagogia-di-giorgia-meloni