Vent’anni dopo: come i “Tre moschettieri”, ritorna il fallimentare concordato preventivo

Previsto dalla nuova legge delega di riforma fiscale è in programma nel Consiglio dei Ministri di domani, 3 novembre, l’approvazione del Decreto Legislativo sul nuovo concordato preventivo a valenza biennale, strumento, a dire del Governo, che rientra nell’ambito della lotta all’evasione fiscale in un’ottica di prevenzione agli illeciti, in alternativa all’uso di forme repressive e punitive per debellarla.

Ma attenzione, la novità non si rivolge alla totale platea dei contribuenti, ma è riservata ai titolari di reddito di impresa, lavoratori autonomi e professionisti. Con tale strumento viene stipulato un accordo tra l’Agenzia delle Entrate e tali contribuenti – che risultano da un milione a un milione e mezzo – con il quale viene concordata, per due anni, (2024–2025) la base imponibile su cui calcolare IRPEF, IRES e IRAP, a prescindere dai redditi effettivamente conseguiti .

L’accordo si basa sul fatto che, in base ai dati del MEF, solo poco più del 2 per cento delle dichiarazioni di tali categorie di contribuenti vengono sottoposte a controlli per l’impossibilità di svolgere accertamenti fiscali a tappeto. E sempre secondo i dati pubblicati dal MEF, le categorie a cui si rivolge, sono proprio quelle che contribuiscono maggiormente a innalzare l’asticella del valore dell’evasione fiscale nel nostro Paese.

L’adesione al concordato preventivo, che viene proposto dall’Agenzia delle Entrate ai singoli contribuenti – secondo una stima del loro reddito lordo sulla scorta dei dati disponibili – comporterà l’esclusione di questi ultimi dai controlli, in modo tale da stimolarli a pagare le tasse beneficiando di uno sconto fiscale attraverso il blocco della base imponibile per due anni. I soggetti interessanti non saranno comunque esonerati dalla presentazione delle dichiarazioni e comunicazioni di legge, dove dovranno indicare il fatturato effettivo, anche se le imposte da pagare saranno quelle concordate con il Fisco.

La scelta di aderire o meno all’accordo con il Fisco sarà decisa dal contribuente in base ad una sua valutazione di convenienza. Occorre ricordare che già 20 anni fa l’allora ministro Tremonti aveva avviato un progetto di concordato preventivo biennale con il quale, tra l’altro, i soggetti interessati erano esonerati dall’emettere scontrini e altri documenti fiscali: misura che fu particolarmente apprezzata dai commercianti. L’iniziativa non ebbe il successo sperato, perché il gettito fu di gran lunga inferiore a quello previsto e venne presto abbandonata. È difficile comprendere per quale motivo oggi, con un’evasione fiscale di gran lunga superiore, dovrebbe essere una manovra vincente, dopo l’insuccesso di venti anni fa. Sicuramente riscuoterà invece l’approvazione degli interessati, che avranno la convenienza ad aderire ad un contratto che li vede ampiamente favoriti dal fatto che i dati disponibili dall’Agenzia delle Entrate – sulla quale quest’ultima baserà le proprie proposte di concordato – sono stati per il 98% dei casi – secondo il MEF – non sottoposti a controlli di congruità e quindi passibili di dubbia fedeltà.

Una misura che stride di fronte ad altre, contenute nella Legge di Bilancio, con la quale si anticipano già al 2024 alcune misura di riforma fiscale; in particolare, l’accorpamento dei primi due scaglioni di reddito con l’aliquota unica al 23% applicata sui redditi di lavoro dipendente e di pensione comporterà nessun vantaggio economico ai percettori di reddito fino ai 15.000 Euro, che continueranno a pagare le imposte con l’aliquota del 23% senza alcun sconto fiscale, ma un vantaggio economico ai redditi via via superiori e oltre i 28.000 euro di 260 euro annui.

Fonte: https://www.laportadivetro.com/post/vent-anni-dopo-come-i-tre-moschettieri-ritorna-il-fallimentare-concordato-preventivo