Il 29 ottobre 2021 il Ministro dell’Economia presentava alla Camera dei Deputati il disegno di legge di “Delega al Governo per la riforma fiscale”. L’incipit del Documento, rivolto agli Onorevoli Deputati recitava, tra l’altro: “La riforma fiscale è tra le azioni chiave individuate nel Piano nazionale di ripresa e resilienza per dare risposta alle debolezze strutturali del Paese e in tal senso costituisce parte integrante della ripresa che si intende innescare anche grazie alle risorse europee”.
Il Documento (Atti Parlamentari – Camera dei Deputati n. 3343 – XVIII Legislatura – Disegni di legge e relazioni) nell’illustrare in sintesi il contenuto dell’iniziativa legislativa, si soffermava sui primi due articoli che riguardavano rispettivamente la Delega al Governo per la revisione del sistema fiscale e la relativa procedura (Art. 1) e i principi e criteri direttivi per la revisione del sistema di imposizione personale sui redditi (Art. 2).
Tale ultimo sistema avrebbe dovuto progressivamente evolvere verso un modello di tassazione duale, con la previsione di una medesima aliquota proporzionale di tassazione, sia sui redditi derivanti dall’impiego del capitale (anche nel mercato immobiliare) sia sui redditi direttamente derivanti dall’impiego del capitale nelle attività di impresa e di lavoro autonomo svolte da soggetti diversi da quelli a cui si applica l’imposta sul reddito delle società (IRES).
Corollario, ma non marginale, il rispetto del principio costituzionale (Art. 53) di progressività dell’imposizione sui redditi delle persone fisiche, e di alcuni criteri direttivi quali la riduzione graduale delle aliquote medie effettive per incentivare l’offerta di lavoro a favore dei giovani, la graduale riduzione degli scostamenti eccessivi delle aliquote marginali effettive derivanti dall’applicazione dell’IRPEF.
Nella sostanza il Disegno di Legge era stato concepito su un principio cardine che prevedeva l’abbandono, in quanto ritenuto impraticabile, anche in maniera formale, della progressività delle aliquote fiscali applicate all’intero reddito complessivo personale comunque conseguito per assoggettare ad una medesima aliquota proporzionale i redditi derivanti dal capitale (immobiliare, finanziario, impresa) e mantenendo una tassazione progressiva sui soli redditi di lavoro e di pensione.
Scelta, quest’ultima, ritenuta discutibile sul fronte dell’equità, come più volte è stato scritto su queste pagine, ma comunque meritevole di attenzione per il solo fatto che si proponeva almeno di razionalizzare un sistema di imposizione personale molto frammentato, unificando i diversi regimi sostitutivi fiscali attualmente in vigore. Ci sono voluti quasi otto mesi di lavori parlamentari per l’approvazione, con una serie di modifiche, da parte della Camera dei Deputati del disegno di legge, inviato il 22 giugno all’esame del Senato.
Il confronto tra i due testi del disegno di legge, quello originario e quello licenziato dalle Camere, denuncia, dopo il primo passaggio parlamentare, non solo un drastico ridimensionamento dell’intenzione riformatrice, ma evidenzia anche delle palesi contraddizioni tra i due articoli: il sistema di tassazione “duale” è morto ancora prima di nascere perché non solo rimangono vivi e vegeti gli attuali regimi cedolari ai redditi di capitale, distinti tra redditi mobiliari e immobiliari, (Art. 2 c. 1 lettera a) ma si introduce un ulteriore nuovo regime sostitutivo (Art. 2 c. 1 lettera b) con la previsione di un’imposta opzionale e sostitutiva delle imposte sui redditi per alcuni contribuenti – persone fisiche – esercenti attività di impresa sottoposti al regime forfettario.
All’Art. 1 comma 1) lettera c) che recitava nel testo inviato alla Camera: “preservare la progressività del sistema tributario” è stato aggiunto: “e garantire il rispetto di equità orizzontale”. Testo che contrasta con gli appena citati dispositivi dell’art. 2 del disegno di legge riscritto dalla Camera, dove sono mantenuti ma anche ampliati gli attuali regimi sostitutivi che sottraggono redditi alla progressività dell’imposizione fiscale e che violano, con tutta evidenza il principio del rispetto dell’equità orizzontale. Il principio dell’equità orizzontale, nell’economia pubblica, riguarda le modalità di distribuzione del carico fiscale tra i contribuenti e prevede che individui con la stessa capacità contributiva siano tassati in maniera uguale.
Considerando l’attuale regime fiscale, per un reddito di 50’000 € annui derivante da lavoro dipendente o da pensione, l’onere fiscale è calcolato in 14’400 €, con una aliquota fiscale pari al 28,8%; lo stesso reddito derivante dal patrimonio immobiliare potrà essere calcolato con due aliquote: 10% e 21% a seconda della tipologia contrattuale. In questo caso il prelievo sarà rispettivamente di 5’000 € e di 10’500 €. Se consideriamo ancora lo stesso reddito, ma proveniente da attività finanziarie (titoli, azioni, fondi, interessi su c/correnti, etc.) vediamo che nel caso di possesso di titoli di Stato il prelievo sul loro rendimento sarà del 12,50% e nel caso delle altre attività, del 26%, pari rispettivamente a 6’250 € e a 13’000 €.
In ultimo, un lavoratore autonomo soggetto a partita IVA per lo stesso reddito potrà optare per una aliquota del 5% – per i primi 5 anni – e del 15% (flat tax) se inferiore ad una data soglia (attualmente 65’000 €) con un prelievo fiscale di 2’500 € nel primo caso e di circa la metà di quello di un lavoratore dipendente, nel secondo caso, ovvero 7’500€.
Se uno dei principali obiettivi della riforma fiscale era stato individuato nella riduzione della tassazione sui redditi di lavoro, obiettivo recentemente raccomandato anche dall’Unione Europea, la direzione intrapresa dal Parlamento non pare vada nella stessa direzione. Il compito del legislatore delegato rischia dunque di presentarsi di difficile realizzazione nel caso in cui anche il Senato licenziasse il testo così come è stato approvato dalla Camera dei Deputati.
Dal resoconto sommario del 6 luglio 2022 del parere approvato dalla XI Commissione permanente del Senato sul Disegno di Legge n. 2651 (ex atto 3343 Camera dei Deputati) sembrerebbe che l’Assemblea del Senato sia orientata ad un ritorno al cosiddetto sistema “duale” perché si legge, tra l’altro: “Infine, allo scopo di garantire il principio di equità orizzontale all’interno del sistema fiscale, si auspica l’introduzione di un ulteriore criterio di delega all’articolo 2, onde favorire la riduzione delle disparità di trattamento causate dall’applicazione di aliquote medie e marginali diverse a fronte dello stesso ammontare di reddito, qualora derivi da lavoro dipendente, autonomo o da pensione”.