“Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi”. Inizia così nella nostra Carta Costituzionale l’art. 54, quello che chiude la prima parte sui “diritti e doveri dei cittadini”. È l’unico articolo in cui si utilizza l’aggettivo “fedeli”. Fedeltà, fede, fiducia. Quello precedente, l’art. 53, prescrive: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
Il 2 giugno scorso si è celebrata la festa della Repubblica. Il giorno successivo Ernesto Maria Ruffini, direttore dell’Agenzia delle Entrate, presentando al Festival dell’Economia di Torino il suo libro “Uguali per Costituzione. Storia di un’utopia incompiuta dal 1948 a oggi”, ha detto: “Sono 19 milioni le persone che hanno debiti con il fisco. Le abbiamo individuate, ma a chi conviene metterle tutte in cella?”. Viene in mente Benedetto Croce: “Non abbiamo bisogno di chissà quali grandi cose o chissà quali grandi uomini. Abbiamo solo bisogno di più gente onesta”.
L’Italia ha circa 59 milioni di abitanti e quasi 41 milioni di contribuenti. Quindi, un contribuente su due ha un conto in sospeso con il fisco. L’ammontare complessivo di tutti i debiti da riscuotere (non solo tasse ma anche multe stradali ed altre partite) è di 1’100 miliardi di euro. In media si tratta di oltre 57 mila euro a testa. Nel frattempo il debito pubblico italiano al 31 marzo 2022 ha toccato un nuovo record: 2’755 miliardi di euro (fonte Banca d’Italia, maggio 2022).
Tutti sappiamo che il debito pubblico dell’Italia è il più grande in Europa. Quello che non diciamo è che, nonostante la pandemia, i cittadini italiani sono i più ricchi d’Europa. “A fine 2020 la ricchezza netta delle famiglie italiane è pari a 10’010 miliardi di euro, 8,7 volte il loro reddito disponibile, registrando una crescita dell’1% (circa 100 miliardi) rispetto al 2019. Le abitazioni, che hanno costituito la principale forma di investimento delle famiglie, rappresentano quasi la metà della ricchezza lorda, per un valore di 5’163 miliardi. Le attività finanziarie hanno raggiunto 4’800 miliardi, in crescita rispetto all’anno precedente, soprattutto per l’aumento di depositi e riserve assicurative” (fonte Banca d’Italia e ISTAT, gennaio 2022).
In sintesi, considerando i numeri, si potrebbe concludere che in Italia lo stato è così indebitato e le famiglie sono (mediamente) così ricche, poiché la metà dei contribuenti è infedele. Ma chi sono questi infedeli? “La propensione all’evasione e all’elusione (tax gap) in ambito IRPEF nel 2018 è stata pari al 2,8% (4,4 miliardi di euro) per i redditi da lavoro dipendente e al 67,6% (32,7 miliardi di euro) per i redditi da lavoro autonomo e di impresa” (Guido Carlino, presidente della Corte dei Conti, 5 febbraio 2021).
Tutto ciò non è un fenomeno soltanto recente, ma avviene da decenni: l’economia sommersa dell’Italia è stata pari al 25% del PIL come media annua nel periodo dal 1991 al 2015 (fonte Fondo Monetario Internazionale). Anzi, è palese fin dai tempi della Costituzione: “Il fenomeno dell’evasione fiscale oggi si verifica su di una scala preoccupante e compromette un’equa ripartizione dei carichi tributari. In una simile situazione la pressione tributaria diviene vessatoria e veramente insopportabile per gli onesti e per le categorie dei contribuenti che non possono sfuggire all’esatta determinazione dell’imposta per motivi tecnici” (Ezio Vanoni, Ministro delle Finanze, 1949).
“Le tasse – ha commentato Ernesto Maria Ruffini in un’intervista a La Stampa il 3 giugno scorso – sono uno strumento per avere uno stato democratico. Sono la cartina di tornasole dell’inciviltà di un Paese, perché ad esempio si fanno pagare le tasse per retribuire gli stipendi ai medici che ci salvano la vita. Lo Stato ha dovuto tagliare la spesa sanitaria, perché non ci sono abbastanza risorse. La scorciatoia è non rendersi conto che si sta segando il ramo su cui si è seduti. Dobbiamo essere consapevoli delle nostre scelte, invece si fa finta di nulla, con la complicità della politica”.
Aveva ragione Francis Bacon: “Niente provoca più danno in uno Stato del fatto che i furbi passino per saggi”.
Papa Francesco, il 1° febbraio scorso, ricevendo in udienza una delegazione dell’Agenzia delle Entrate guidata da Ernesto Maria Ruffini, ha detto: “La tassazione è segno di legalità e giustizia. Deve favorire la redistribuzione delle ricchezze, tutelando la dignità dei poveri e degli ultimi, che rischiano sempre di finire schiacciati dai potenti. Il fisco, quando è giusto, è in funzione del bene comune. Lavoriamo perché cresca la cultura del bene comune, perché si prenda sul serio la destinazione universale dei beni”.
L’Italia è anche un Paese con grandi disuguaglianze, in continuo aumento. Il 40% più ricco della popolazione detiene l’85% del patrimonio; il restante 60% possiede il 15%. Negli ultimi 20 anni in Italia: il 10% più ricco della popolazione ha aumentato la quota di ricchezza dal 40% al 55% del totale, mentre l’1% più ricco della popolazione l’ha aumentata dal 15% al 20% (fonte OXFAM).
Che fare? Oggi più che mai vale il monito di Piero Calamandrei: “Per far vivere una democrazia non basta la ragione codificata nelle norme di una Costituzione democratica, ma occorre, dietro di esse, la vigile e operosa presenza del costume democratico che voglia e sappia tradurla, giorno per giorno, in concreta, ragionata e ragionevole realtà”.