Non c’è pace sul catasto. Del resto, nel nostro Paese quando si parla di modernizzare il sistema di controllo degli immobili, scatta la mobilitazione dei professionisti della disinformazione, con la libera docenza in demagogia e populismo. Complice, per la verità, una soffocante pressione fiscale che si trasforma in una arma impropria mediatica proprio di chi le tasse o non le paga o scegli “l’autoriduzione”. Morale: il percorso politico del Disegno di Legge Delega rimane accidentato.
Alla ripresa dei lavori, sospesi dal 20 gennaio, della VI Commissione Permanente Finanza, la maggioranza si è divisa sull’art. 6 relativo alla revisione del catasto. Un’ora appena di discussione per dirsi ciò che è chiaro da mesi. Tuttavia l’emendamento presentato dal centrodestra alla revisione dei criteri per la mappatura catastale non ha superato la conta, ma per un solo voto: 22 a 23.
Una spaccatura sufficiente a far dire al leader della Lega Matteo Salvini di ritenersi “autonomo” sulla partita fisco. In precedenza, non erano valse le sollecitazioni del Governo, attraverso la sottosegretaria Maria Cecilia Guerra, che ha chiesto il ritiro di tutti gli emendamenti che riguardano la materia del catasto, ritenendo tale richiesta un elemento decisivo non solo per la prosecuzione dell’esame del disegno di legge, ma anche per il proseguimento dell’azione del Governo.
L’attuale sistema estimativo catastale è fondato su una disciplina che risale, nella sostanza al 1939 (L. 1249 del 11 agosto 1939) e che riguarda, per il solo catasto fabbricati, uno stock immobiliare censito di 76 milioni e mezzo di immobili. Le recenti attività di fotoidentificazione hanno fatto emergere 1 milione 200 mila unità immobiliari urbane non censite a catasto, i cosiddetti immobili “fantasma”.
In attesa della mediazione proposta da Forza Italia attraverso la riscrittura dell’articolo, annunciata per la prossima riunione della Commissione, sembra utile menzionare che già da parte dell’Unione Europea era stata segnalata, fin dal 2019, la necessità di una riforma del catasto italiano, che con atto (COM (2019)512 final) raccomandava all’Italia di riformare i valori catastali non aggiornati.
L’art. 6, rubricato “Principi e criteri direttivi per la modernizzazione degli strumenti di mappatura degli immobili e la revisione del catasto dei fabbricati” si propone di modificare il sistema di rilevazione catastale e di disporre di strumenti più efficaci per individuarne e controllarne le consistenze, da offrire ai Comuni e all’Agenzia delle Entrate. Gli obiettivi sono quelli di portare alla luce le principali distorsioni del sistema che riguardano il corretto classamento degli edifici, gli immobili non ancora censiti, o che non rispettano la reale consistenza di fatto, la reale destinazione d’uso e infine gli immobili abusivi.
Ma, aspetto di rilievo dell’intera operazione, oltre ovviamente l’emersione dell’abusivismo edilizio, riguarda la predisposizione di modelli organizzativi che possano permettere la condivisione dei dati e dei documenti in via telematica tra Agenzia delle Entrate e gli stessi Comuni, secondo il paradigma dell’interoperabilità dei rispettivi sistemi informativi con l’utilizzo di metodologie innovative.
L’art. 6 prevede di integrare le informazioni già presenti nel catasto dei fabbricati attribuendo a ciascuna unità immobiliare entro il 1 gennaio 2026, un valore patrimoniale ed una rendita attualizzata ai valori di mercato, quest’ultima da aggiornare periodicamente in base alle fluttuazioni del mercato immobiliare. Tali informazioni, come stabilisce l’articolo di legge, non saranno tuttavia utilizzate per determinare la base imponibile dei tributi che colpiscono gli immobili, restando invariate le attuali rendite catastali.
La formulazione dell’articolo in questione sembrerebbe pertanto porre un espresso divieto di utilizzare, per finalità fiscali, le informazioni integrative da acquisire attraverso la suddetta attività, che viene pertanto ritenuta irrilevante ai fini della determinazione della capacità contributiva. Aspetto quest’ultimo che, seppur poco giustificabile – il catasto è uno strumento squisitamente fiscale – rende del tutto incomprensibile la posizione del centro destra che accusa, ciononostante, il Governo di voler aumentare la tassazione sugli immobili.
Ma è più comprensibile tale posizione, e preoccupazione, ove riferita ad una prospettiva di sviluppo di un sistema di anagrafe immobiliare integrata (già istituita con legge dal 2010) che dovrebbe andare a formare un’unica banca dati finalizzata ad attestare, ai fini fiscali e per ciascun immobile censito a catasto, il soggetto titolare di diritti reali, attraverso la piattaforma SIT (Sistema Integrato del Territorio) in via di estensione sul territorio nazionale a fianco dell’archivio nazionale dei titolari di diritti reali (AdT).
L’interoperabilità delle banche dati fiscali rappresenta la base, indispensabile, come si legge nel Documento approvato dalla Commissione Parlamentare di Vigilanza sull’Anagrafe Tributaria il 12 gennaio 2022, per un’amministrazione finanziaria efficiente, sia in termini di contrasto all’evasione fiscale e ai reati finanziari, oltre che di semplificazione degli adempimenti fiscali dei cittadini. Degli 80 miliardi annui stimati di evasione fiscale, quella sugli immobili ne rappresenta oltre 6 tra IMU, affitti in nero e case fantasma.
La digitalizzazione della Pubblica Amministrazione è in questo momento di particolare attualità in quanto rientra, come la stessa riforma del fisco, tra le linee di intervento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Fonte: https://www.laportadivetro.org/catasto-centro-destra-mobilitato-contro-draghi/