Recensione de “La tunica e il mantello. Debito pubblico e bene comune: provocare per educare”

Luciano Corradini, La tunica e il mantello. Debito pubblico e bene comune: provocare per educare, Editrice Universitaria di Roma La Goliardica, Roma 2003, pp. 214, Prezzo: 10 Euro.

Poco più di 200 pagine che hanno l’obiettivo di informare, provocare, ma soprattutto promuovere la formazione di una coscienza civica in campo tributario e fiscale. In altre parole, convincerci del fatto che pagare le tasse è etico e che fa bene, prima di tutto alle nostre tasche. Uno strumento utile a chi vuole capire veramente qualcosa del tanto famigerato debito pubblico (e considerando il fatto che è scritto da un pedagogista e non da un economista, le probabilità che riusciamo a farlo non sono poi così remote). 

Luciano Corradini, ideatore e presidente di Ardep, mette a disposizione dei lettori il racconto della nascita dell’associazione dei volontari fiscali cercando di andare al di là della nozione comune di debito pubblico come ‘zavorra’ o ‘ipoteca sul nostro futuro’. Lo Stato oggi è sentito dai cittadini come una entità astratta, non come cosa pubblica che appartiene a ciascuno di noi, e perciò anche del concetto di debito pubblico dobbiamo sentirci partecipi, tutti abbiamo contribuito a farlo crescere. Questo mentre la Banca d’Italia qualche anno fa identificava 31.000 conti correnti miliardari che aumentavano di quarantina in quarantina ogni giorno.

Ma “La tunica e il mantello” propone anche un excursus antropologico. Molto interessante, per esempio, il capitolo su “Realtà e fantasmi del fisco” in cui si ricorda l’etimologia della parola ‘fisco’, da ‘fiscus’ latino, cioè il cesto nel quale si mettevano i denari della famiglia o quelli della res publica: se la cassa è piena si gode di un bene comune, se è vuota, si soffre di un male comune. Anche in tempi storici, vuole dirci l’autore, non è mai stato facile elaborare criteri equi e condivisi per riempire e per vuotare il fisco perché “l’esercizio del potere in vista del bene comune è più un criterio del filosofi che una prassi dei governanti”.