Caro direttore,
il presidente del Consiglio Draghi ha avuto il merito di ricorrere, con la sua proverbiale capacità di sintesi, a proposito del debito pubblico, a due aggettivi dicotomici, buono e cattivo, dicendo anche perché, e fino a quando, uno è buono e l’altro è cattivo. Ora siamo alla vigilia di una riforma che è cruciale per il bilancio pubblico, perché anche il fisco, dal latino “cesto”, in cui si mettono le risorse comuni alla famiglia o allo Stato, può essere buono o cattivo. Così la crescita dell’economia, da cui dipende. La salute del fisco può essere cattiva, se tiene conto solo del PIL misurato con i vecchi criteri economicistici, o buono, se valutato anche con i criteri dell’economia civile, che tiene conto dei risvolti relativi all’ambiente, alla società e alla solidarietà. Secondo l’art. 53, forse il più breve e anche il più “draghianamente” sintetico della Costituzione, «tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche, in ragione della loro capacità contributiva». Draghi, come cittadino personalmente responsabile, ha fatto anche più di ciò a cui è tenuto dalle leggi attuali, rinunciando agli emolumenti connessi con la carica istituzionale che occupa attualmente. Da lui è perciò anche possibile aspettarsi che tenga conto, per tutti i cittadini, della seconda brevissima frase dell’art. 53, che dice «Il sistema tributario è ispirato a criteri di progressività». Cleto Iafrate, citando un chiaro ed energico articolo di Francesco Gesualdi su “Avvenire”, ha ricordato che, se si vuol fare la riforma del fisco non a compartimenti stagni, ma in maniera complessiva, come ha dichiarato lo stesso Draghi, occorre tener conto di tre capitoli: rendite, patrimoni, eredità. Insomma, il debito pubblico che continua a crescere per combattere i guai crescenti che ci affliggono, sarà davvero buono se riusciremo ad avere, da questo Parlamento e da questo straordinario Governo, anche un fisco finalmente “buono”.
Luciano Corradini presidente onorario ARDeP
Siamo pienamente d’accordo, caro professor Corradini. La strada maestra per il nostro sistema fiscale è quella della equa progressività del prelievo fiscale su redditi, rendite, patrimoni ed eredità. È la via segnata dalla Costituzione e dobbiamo tornare a seguirla come negli anni in cui l’Italia creava e distribuiva lavoro e ricchezza, il debito era sotto controllo e le altre grandi riforme (scuola e sanità su tutte) potevano essere messe in cantiere.
Marco Tarquinio venerdì 13 agosto 2021