Com’è noto, il ricupero e il rilancio dell’educazione civica nel curricolo scolastico, realizzati prima in modo un po’ precario, con la legge 169/2008 e poi in modo più deciso con la legge 92/2019, è stato preparato fin dagli anni ’80 e ‘90 dalle leggi relative alla lotta contro l’epidemia delle dipendenze (addictions), leggi che affidarono alla scuola il compito dell’educazione alla salute e di tante altre “educazioni”, per affrontare emergenze di tipo personale e sociale caratterizzanti la vita delle nuove generazioni. Il Ministero della PI lanciò a questo scopo i pluriennali Progetti Giovani, Ragazzi, Genitori, Arcobaleno, per rinforzare e alimentare i ruoli e le potenzialità educative previste dai decreti delegati.
I “Primi orientamenti” sul Progetto Giovani 93 (CM Galloni, 1989) prevedeva uno sviluppo triennale dell’educazione alla salute, i cui temi sono stati unificanti nei tre slogan seguenti, ancora singolarmente attuali:
- star bene con sé stessi in un mondo che stia meglio;
- star bene con gli altri, nella propria cultura e nel dialogo con le altre culture;
- star bene con le istituzioni, in un’Europa che conduca verso il mondo. Il riferimento al ’93 intendeva dare al Progetto Giovani e allo star bene l’ampio orizzonte culturale e politico che allora si apriva con l’avvio del Mercato Comune Europeo.
L’affermazione sintetica dello star bene, che implica sia la salute nel senso comune, sia il benessere nel senso di situazione economica e psicofisica confortevole, sia il sentirsi bene nel senso etico di accordo con la propria coscienza e con i propri ideali, è anche oggi un appello a impegnarsi confrontandosi, in tre momenti successivi, con:
- un mondo che per tante ragioni sta male,
- la convivenza con altri, che sono sempre più diversi culturalmente ed etnicamente,
- la rete intricata delle istituzioni, nazionali, regionali, locali, europee e internazionali, a cominciare dalla famiglia e dalla scuola.
La salute che interessa la scuola e il futuro dei giovani è apparsa allora, ed è ancor più oggi, una salute che deve incontrarsi con l’etica, con la cultura, con la scienza e con la politica.
Tutto questo è difficile. È il contrario di facile, che viene da fare, e che significa fattibile, ossia che si può fare senza grande abilità o sforzo fisico o mentale e senza stento. Difficile significa dunque non impossibile, ma fattibile con fatica, attenzione, sforzo, abilità. È solo a un certo grado e per certe persone che le difficoltà diventano insuperabili. I bollettini quotidiani sulla pandemia ci ricordano, accanto ai sani, gli ammalati, i morti, i guariti. Il che procura tristezza, dolore, ma anche consapevolezza e speranza di farcela, insieme.
Se qualcuno riesce nell’impresa di evitare il contagio o di vincerlo, perché non provarci?
Come sapevano gli antichi, con la concordia crescono le piccole cose, con la discordia anche le grandi vanno in malora. La concordia non significa identità di vedute e assenza di conflitti, ma capacità di muoversi fra rispetto delle persone, della verità dei fatti accertati scientificamente e delle norme vigenti, anche se per alcuni difficili da capire e da sopportare: implica amore della verità e della libertà, senso del limite e dell’insieme, responsabilità per i risultati e per la proporzione fra bene proprio e bene comune. Ciò vale in particolare per l’educazione, un processo che non si produce come i beni di consumo, ma che è un dovere e anche un dono che gli adulti fanno ai più giovani. E che i giovani fanno agli adulti, se aiutati a pensare che anche loro diventeranno sperabilmente adulti e vecchi.