Proprio il giorno in cui il Governo era intento a definire i dettagli della manovra economica per il 2020, la Banca d’Italia rendeva noti gli ultimi dati sul debito pubblico, con la spiacevole sorpresa di una revisione al rialzo di 58,3 miliardi di euro.
Il fatto è così macroscopico che mostra chiaramente la sproporzione tra quello che la politica riesce a fare ogni anno e la situazione finanziaria in cui siamo immersi da decenni in Italia.
Tornando ai numeri, perché il debito pubblico è stato ricalcolato con 58,3 miliardi in più? Ecco la spiegazione fornita dalla Banca d’Italia: “è stato rivisto il criterio di valutazione di alcune categorie di depositi, prevedendo l’inclusione nel debito pubblico degli interessi maturati (ma non ancora pagati) non appena siano capitalizzati (ossia inizino a produrre essi stessi interessi), anziché al momento del pagamento. Per l’Italia la modifica si applica ai Buoni Postali Fruttiferi. I BPF erano inclusi nel debito pubblico al valore facciale e, secondo il criterio metodologico precedentemente definito in sede europea, gli interessi venivano contabilizzati per cassa, al momento del pagamento”.
In altre parole, finora il calcolo del debito non era realistico, perché non teneva conto degli interessi maturati sui Buoni Postali. Davvero paradossale: gli interessi non venivano contabilizzati, mentre tutti sappiamo che il debito effettivo è dato dal debito iniziale più gli interessi. Ne consegue che i dati sul debito forniti sinora erano poco attendibili, perché non corrispondevano a quanto realmente dovuto ai creditori in quel momento.
Ovviamente questa modifica del criterio di calcolo, cambia anche il risultato del rapporto debito/PIL. Finora il debito alla fine del 2018 era stato calcolato in 2.322 miliardi, mentre ora è stato rettificato in 2.380,3 miliardi. Di conseguenza, il rapporto debito/PIL è passato dal 132,2% al 134,8%.
Sarà interessante vedere in che modo il Governo terrà conto di questa “piccola” variazione, che ha una consistenza pari a circa due volte la manovra economica prevista per il 2020.