2. Eravamo nell’epoca di Tangentopoli. Il mio gesto venne considerato da alcuni velleitario, esibizionistico e quasi pericoloso per chi si sentiva a posto in coscienza, convinto che i colpevoli del debito fossero solo gli altri e che lo Stato fosse onnipotente e vorace, non derubato e indebitato, anzi bisognoso di aiuto, come la spelacchiata Lupa Capitolina, che non sembrava più in grado di allattare i voraci gemelli, futuri fondatori di Roma. Anzi ottenne una certa risonanza un movimento che incitava all’evasione fiscale. Maurizio Costanzo m’invitò nel suo show e si divertì a punzecchiarmi davanti alla sua platea. Da altri il gesto paradossale del volontariato fiscale fu preso in considerazione come una delle possibili vie per segnalare il problema e cercare una soluzione. Paolo Mazzanti, allora direttore delle relazioni esterne di Confindustria, mi citò ampiamente nel libro L’oro alla patria. Come trovare un milione e seicentomila miliardi per risanare il bilancio dello Stato? (Milano, Sperling&Kupfer, 1993).
Il debito fu da lui considerato non solo come minaccia incombente, ma anche come analizzatore di atteggiamenti e comportamenti irresponsabili, e cioè leggerezze, furbizie, voti di scambio, corruzione, ladrocini. Il misterioso e marginale capitolo di un bilancio statale ignoto ai più, diventava in tal modo il termometro dell’etica, della cultura, dell’economia e della politica del Paese. E segnalava febbre alta per l’intero organismo. Con altra metafora, il debito diventava una sorta di scandaglio marino, che segnalava il rischio di naufragio, per la nave Italia.
3. Presentando il libro in diverse sedi, comprese le scuole, facemmo anche un primo catalogo esemplificativo delle scelte necessarie per evitare il naufragio e riprendere il largo, con risparmi e con investimenti sulle attività produttive, sui giovani e sul Welfare. Frattanto crescevano la curiosità e la simpatia di amici e di cittadini disponibili a interrogarsi e a collaborare. Su questa base nacque l’Ardep, associazione per la riduzione del debito pubblico, che cominciò a segnalare l’allora neonato “Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato” (legge 432/1993), come canale utile a convogliare risorse private per alleggerire il peso del debito.
Il debito fu da lui considerato non solo come minaccia incombente, ma anche come analizzatore di atteggiamenti e comportamenti irresponsabili, e cioè leggerezze, furbizie, voti di scambio, corruzione, ladrocini. Il misterioso e marginale capitolo di un bilancio statale ignoto ai più, diventava in tal modo il termometro dell’etica, della cultura, dell’economia e della politica del Paese. E segnalava febbre alta per l’intero organismo. Con altra metafora, il debito diventava una sorta di scandaglio marino, che segnalava il rischio di naufragio, per la nave Italia.
3. Presentando il libro in diverse sedi, comprese le scuole, facemmo anche un primo catalogo esemplificativo delle scelte necessarie per evitare il naufragio e riprendere il largo, con risparmi e con investimenti sulle attività produttive, sui giovani e sul Welfare. Frattanto crescevano la curiosità e la simpatia di amici e di cittadini disponibili a interrogarsi e a collaborare. Su questa base nacque l’Ardep, associazione per la riduzione del debito pubblico, che cominciò a segnalare l’allora neonato “Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato” (legge 432/1993), come canale utile a convogliare risorse private per alleggerire il peso del debito.
4. Questo Fondo, per lo più ignoto agli stessi deputati, anche a quelli più giovani del movimento Cinque stelle, che di fatto non lo utilizzano per i loro gesti di patriottismo, su nostra richiesta fu abilitato a ricevere anche donazioni dei singoli, in conto riduzione del debito pubblico. Per iscriversi all’associazione occorreva dimostrare d’aver versato almeno 20.000 simboliche lire a questo Fondo, al cap. 3330 (capo X) dedicato su nostra richiesta ai versamenti volontari. Lo prevedeva lo statuto ARDeP, approvato e registrato il 20.12.1993. Ci fu concessa la sede della Fondazione italiana per il volontariato, di Via Nazionale 39, a Roma. Il Corriere della Sera, che nel 1993 aveva intitolato Ma al momento di pagare tutti si tirano indietro un articolo di Francesco Alberoni dedicato all’intollerabilità di un debito pubblico tanto alto, prese in qualche modo atto che non tutti si tiravano indietro, con questo messaggio del 29.1.1994: “La Giuria del Corriere segnala un’associazione per ridurre il debito pubblico. Mobilitiamoci tutti contro la bancarotta dello Stato”».