C’è un’opera che non si guarda soltanto, ma si ascolta con le viscere. Si chiama “Debito Infinito” ed è firmata da Hypnos, pseudonimo del visionario artista e psicologo Gilberto Di Benedetto. Un nome già leggendario per chi conosce “Michael’s Gate”, il “Santino quantistico” della magia del caos. Ma qui, l’energia è un’altra: è rabbia lucida, è dolore composto, è giustizia che non si rassegna.
Quando la tela diventa tribunale
“Debito Infinito” è una denuncia muta, una testimonianza incollata con mani tremanti e consapevoli. Su quella tela non ci sono solo brandelli di carta: ci sono titoli di stato non rimborsati, promesse infrante, parole svuotate dallo Stato stesso. Ogni frammento incollato è una ferita del popolo, un credito non solo economico, ma morale.
Hypnos prende ciò che era invisibile – i torti, le illusioni, i debiti mai saldati – e lo rende icona sacra di un dolore collettivo. Ma in questa sacralità laica non c’è solo condanna: c’è memoria, dignità, resistenza.
Un’opera che parla a chi è stato tradito
Milioni di italiani hanno affidato i propri risparmi, la propria fiducia, i propri sogni a un sistema che ha dimenticato. Hypnos non dimentica. “Debito Infinito” è l’archivio dei dimenticati, la voce dei silenziati. È l’urlo sordo di chi ha visto scomparire tutto, tranne la sete di giustizia.
Quest’opera non chiede, accusa. Non supplica, illumina. È un’opera che dovrebbe entrare in Parlamento, nelle chiese, nelle scuole, perché è la verità incollata su tela.
Arte come atto di resurrezione
In un’epoca in cui l’arte spesso si piega alla decorazione, Hypnos restituisce al gesto artistico la sua funzione originaria: scuotere, guarire, denunciare. “Debito Infinito” è una reliquia del tempo presente, un testamento civile travestito da opera visiva. Chi la guarda diventa testimone, chi la possiede custode di una verità bruciante.
Una chiamata alle anime libere
Non è solo un’opera da contemplare: è una chiamata. Una fiaccola accesa nella notte del debito eterno. Hypnos ci ricorda che il cittadino non è suddito, che la giustizia può passare anche dalla bellezza. “Debito Infinito” è il primo esorcismo estetico contro il debito pubblico come trappola, come inganno, come catena.
Chi ha creduto e ha perso, in quest’opera ritrova qualcosa: non i soldi, ma l’anima.